Alleanza educativa, nuovo respiro per la catechesi

A 40 anni dal Documento Base

Catechista solitario? No, grazie. Sembra ormai finito il tempo in cui in parrocchia ciascun gruppo lavorava per conto proprio, coprendo bene il proprio settore e dialogando poco con gli altri. Frutto di una ricchezza della chiesa, di grande fervore di attività, di alti numeri che oggi sono decisamente in calo, quell’impostazione solitaria è entrata in crisi e i sintomi di povertà di questi anni (meno preti, meno catechisti) devono spingere a lavorare assieme, a creare delle alleanze educative, mettendo insieme risorse e competenze.

 

È questo un aspetto emerso durante la Conversazione con l’autore proposta giovedì 16 dicembre 2010 dalla facoltà Teologica del Triveneto, a cui sono intervenuti don Giorgio Bezze, don Antonio Bollin e don Giampietro Ziviani, direttori, rispettivamente, degli uffici catechistici delle Diocesi di Padova, Vicenza e Rovigo. Lo spunto al dialogo è stata la pubblicazione del libro La catechesi a un nuovo bivio?, che raccoglie e integra con alcuni approfondimenti le relazioni del convegno promosso dalla Facoltà e dalla rivista Evangelizzare nel maggio 2009, a 40 anni dal Documento Base Il rinnovamento della catechesi.

 

Il tema dell’alleanza educativa è stato lanciato da don Giorgio Bezze, in una rilettura del Documento Base alla luce di alcune parole che compongono una sorta di lessico sulla catechesi. «Accanto alla “gratitudine” e allo “stupore” per un documento profetico che è stato dono e che, dopo quarant’anni, fa ancora parlare di sé – ha esordito – possiamo mettere lo stimolo a un “passaggio” dalla cristianità alla post-cristianità, dalla catechesi intesa come trasmissione a quella che è invece educazione e introduzione a una esperienza di vita. È un passaggio che richiede “fatica” e genera “fermento”: non c’è gruppo di catechisti oggi che non si ponga domande e non si metta in discussione; molti iniziano anche a fare sperimentazioni che la Diocesi di Padova monitora e guarda con attenzione, anche perché ha fatto la scelta di ripensare l’iniziazione cristiana e su questa urgenza ha costruito gli orientamenti pastorali». Quando si ripensa il modo di fare i cristiani è necessario pensare un modello per formare cristiani adulti, rivedere l’organizzazione della pastorale e delle parrocchie, il ruolo dei laici. «Qui entra in gioco lo stile dell’“insieme” – ha aggiunto Bezze – per elaborare strategie comuni e creare comunità con tutte le figure educanti presenti in parrocchia, valorizzando il carisma di ciascuno e le aggregazioni laicali: la parrocchia deve uscire dall’autoreferenzialità e ed entrare in rete. Infine, ma non ultimo, c’è bisogno di “formazione”: la buona volontà non basta, occorre colmare le lacune del catechista e non lasciarlo solo».

 

Anche la diocesi di Vicenza ha conosciuto fasi alterne nell’ambito della catechesi. Al grande slancio e fervore degli anni Settanta e Ottanta, che ha dato un respiro e un volto nuovo alle parrocchie e ha favorito il riverbero del Documento Base in tutta l’azione pastorale, ha fatto seguito il calo di entusiasmo degli anni Novanta; solo dopo il Giubileo del 2000 si mettono in atto alcuni tentativi di ripresa e rilancio della catechesi. «Si punta sull’iniziazione cristiana – ha spiegato don Antonio Bollin – si creano laboratori per accompagnare i catechisti, si sperimentano nuove vie come la catechesi con l’arte al museo o i nonni come testimoni della fede; ma si comincia anche a dire che il progetto catechistico e i catechismi sono datati. In effetti, ciò che si attende è una svolta da parte dei vescovi per un nuovo progetto di evangelizzazione nel contesto attuale».

 

Sul bisogno di una didattica della fede e per la fede ha richiamato l’attenzione don Giampietro Ziviani, che ha curato il volume La catechesi a un nuovo bivio? assieme a suor Giancarla Barbon. «Nella stagione post Concilio – ha affermato – c’è stata una grande collaborazione fra scienze umane e teologia, un grande entusiasmo di parlare fuori dalla chiesa. Sarebbe utile restaurare il dialogo con le scienze umane e magari, anche nella nostra Facoltà, pensare  a un curriculum formativo specifico per i catechisti». L’incontro si è chiuso con una provocazione: «Il Concilio ha avuto un atteggiamento di ottimismo verso l’uomo (pensiamo alla Gaudium et spes). Forse c’è stata un po’ troppa ingenuità, come è stato evidenziato, ma è stato un grande cambio di sguardo sull’uomo: oggi saremmo capaci di un simile cambio antropologico se volessimo riscrivere un documento sulla catechesi?».

 

Paola Zampieri

 

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