Catechesi e formazione professionale a riscatto dell’Africa

Georges Kossi Koudjodji, prete africano, ha fatto il suo percorso di studi in Facoltà e qui è ritornato, da docente, per aiutare altri studenti a entrare nella mentalità dell’Africa e a comprendere che dignità dell’uomo, catechesi e formazione professionale sono le chiavi di un riscatto in cui anche i cristiani hanno la loro parte di responsabilità.

È un’esperienza di insegnamento del tutto nuova quella che è stata proposta, nell’anno accademico 2017/2018, da Georges Kossi Koudjodji, 45enne prete africano (originario del Togo) che ha conseguito presso la Facoltà del Triveneto i titoli di licenza e di dottorato (nel 2014, con la tesi La médiation des ancêtres chez les eve du Togo et sa reception par le christianisme. Une lecture phénoménologique et théologique). È poi rientrato nel suo paese e dal vescovo è stato “promosso” rettore del santuario di Notre Dame du Lac, il più importante del Togo. Dopo tre anni è tornato a Padova per tenere un ciclo di sei lezioni su Missione della chiesa e inculturazione del vangelo, proposte come aiuto e stimolo, in particolare, per gli studenti africani (nel ciclo di licenza sono una decina, provenienti da Togo, Camerun, Mozambico, Guinea, Burundi, Costa d’Avorio). È un invito che la Facoltà gli ha rivolto nella logica dello scambio dei doni fra le chiese e dei contesti nei quali si fa teologia, reso possibile anche grazie a una donazione fatta dal vescovo emerito di Padova mons. Antonio Mattiazzo ed espressamente destinata al sostegno di studenti di provenienza extraeuropea.

Don Giorgio, come ama essere chiamato, è nato e cresciuto a Togoville, centro di 10mila abitanti dove hanno lavorato a lungo i missionari comboniani. E proprio da uno di loro, padre Fabio Gigli, ha “ricevuto” la sua vocazione «Era quasi cieco – racconta – e io lo accompagnavo ovunque; poi lui ha guidato me dall’ingresso in seminario fino all’ordinazione sacerdotale».
Oggi don Giorgio è felice per l’interesse suscitato dalle sue lezioni negli studenti, sia italiani sia africani, che hanno interagito in classe stimolati delle peculiarità della teologia africana e dalla problematica dell’inculturazione.

«L’inculturazione – spiega – riguarda tutti gli ambiti della vita e dell’uomo africano. Il problema dell’Africa non è l’avere, ma l’essere: la dignità dell’uomo deve stare al centro. Bisogna restituire all’africano la sua dignità e solo con questa presa di consapevolezza si può considerare poi l’aspetto materiale».

La domanda da porsi, allora è: come evangelizzare?

«Innanzitutto è necessario tradurre i termini: per capire la fede cristiana in Africa bisogna adoperare i vocaboli e la grammatica africana» afferma don Giorgio. E prosegue spiegando le sfide della pastorale in Africa: «Viviamo un po’ nel determinismo, nel fatalismo, nel sincretismo, che provengono da una lettura del tempo concepito come circolare: se ciò che accade oggi è già predestinato, succede che non riusciamo a impegnarci o che ci rivolgiamo alle pratiche occulte. Per sfidare questi concetti occorre la catechesi. La chiesa africana – aggiunge – deve essere carismatica per sfatare il sincretismo».

Oggi l’inculturazione è contestualizzata nella miseria, nella povertà, fra le guerre civili. «Come cristiani abbiamo la nostra parte di responsabilità – afferma don Giorgio –. La pastorale cristiana, per agire all’interno di questo sistema, deve puntare a trasmettere bene la fede, a formare gli insegnanti e gli operatori di pastorale. Nella pastorale la catechesi – ribadisce – è la chiave per riscattare l’Africa».

Per salvare l’Africa occorre anche investire verso l’autosufficienza alimentare e, pure in questo campo, i pilastri sono dati dall’istruzione scolastica e dalla formazione professionale. «La nostra gente coltiva la terra ma non ha metodo; lavora moltissimo ma il rendimento è magro. Per questo – racconta – stiamo costruendo a Togoville una scuola agraria professionale, intitolata “Notre Dame de la Commenda” in omaggio alla parrocchia di Rovigo che mi ha “adottato” quando ero studente. Grazie al contributo di diverse realtà italiane, a febbraio abbiamo avviato le lezioni con 18 studenti e il progetto prevede ancora la realizzazione di laboratori di zootecnia e agricoltura, oltre ai dormitori per i ragazzi».

Rientrando in Togo, don Giorgio ci tiene a ringraziare: «Qui ho molto imparato – dice – sul piano intellettuale, in Facoltà, e sul piano umano, in parrocchia e con tutte le persone che ho incontrato e che mi sono state vicine. Porto tutto a casa e ne farò tesoro per la mia vita e per tutte le sfide che mi attendono».

 

Paola Zampieri

(articolo pubblicato sulla News letter 1/2018)

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