2005 – fascicolo 1

Studia Patavina – anno LII (2005) – fascicolo 1 (gennaio-aprile)

Editoriale

LUIGI SARTORI
Studia Patavina nel 50°: ricordando il faticoso inizio

Colloquio
L’attualità del messaggio di Pavel Florenskij
Padova – 13 aprile 2002 

LORENZO FELLIN (cur.)
L’attualità del messaggio di Pavel Florenskij ►

LORENZO ALTISSIMO
Profilo bio-bibliografico di Pavel Aleksandrovic Florenskij

SERGHIJ GAJEK
Il senso della cultura in Pavel Florenskij

JOHN LINDSAY OPIE
La simbologia e l’icona in Pavel Florenskij

GERARDO CIOFFARI
Sofiologia ed ecumenismo in Pavel Florenskij

Ricerche

TOMMASO PERRONE
Conoscenza e senso ontico del sapere: Max Scheler e il “problema della realtà”

FRANCESCA ZAIA
La morte nel pensiero di Vladimir Jankélévitch: l’irrevocabile nell’irreversibile

Problemi e discussioni

PIETRO PIRO
Struttura e significato del silenzio nel rituale di iniziazione pitagorico: il silenzio come morte rituale

SIMONE PAGANINI
Qumran, i manoscritti del Mar Morto, gli Esseni. Un problema aperto

PAOLO DIEGO FABBRI
Nietzsche contra Nietzsche. Il sacrificio nel pensiero nietzschiano

Note

MARTIN THURNER
Raymond Klibansky: un medievalista con il polso del suo secolo

ANDREA RUBERTI
Gesú e il suo agire profetico in Heinz Schürmann

LUIGI SARTORI
Il dibattito sul primato papale: nota bibliografica

Notiziari

GIORGIO FEDALTO
Un simposio internazionale sulla quarta crociata

(Andros, 27-30 maggio 2004)

Recensioni, schede e segnalazioni bibliografiche

Libri ricevuti



Editoriale

LUIGI SARTORI
Studia Patavina nel 50°: ricordando il faticoso inizio

L’autore descrive il lungo “travaglio” e il faticoso “parto” della rivista Studia Patavina. Si evidenziano le intenzioni e si ripercorrono le tensioni dei vari protagonisti negli anni 1950-54. Nata da una provvidenziale intuizione del vescovo Girolamo Bortignon, la Rivista doveva favorire il dialogo tra le due culture, ecclesiastica e laica, anzi tra i due “Studia” di Padova: l’Università e la Facoltà teologica del Seminario vescovile. Nasceva per essere palestra di esercizio libero della ricerca e della discussione. I contributi dei primi anni della neonata Rivista sono lo specchio che essa aveva chiari orientamenti ispiratori, ma non disponeva di precise linee di metodo in rapporto a contenuti specifici. Dopo i primi passi la Rivista si è data una più chiara strutturazione, inglobando diverse competenze e determinando progetti e programmi di lavoro sui binari del dialogo fra teologia e cultura. 

The article examines the long and troubled “birth” of the journal “Studia Patavina”, highlighting the aims and reviewing the tensions present in the various protagonists from 1950-54. The result of a providential intuition of the then Bishop of Padua, Girolamo Bortignon, the journal was intended to favour a growing dialogue between the ecclesiastic and lay culture, or rather the two “studia” of Padua: the University and the Theological Faculty of the Episcopal Seminary. The journal was conceived as a ‘training ground’ for frank and free research and discussion. A glance at the authors and contributors during the early years of the newborn journal reflect how it had a precise inspirational orientation, but lacked a clear method in relation to specific contents. After the first hesitant steps the journal acquired a more definite structure, incorporating various competences and elaborating work projects and programmes based on a dialogue between Theology and culture.

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Colloquio
L’attualità del messaggio di Pavel Florenskij

LORENZO FELLIN (cur.)
L’attualità del messaggio di Pavel Florenskij

Il Colloquio sulla figura e l’opera di Pavel Florenskij costituisce la seconda tappa di un cammino, iniziato con il precedente Colloquio Il senso profetico in Vladimir Solov’ëv, teso alla riscoperta di importanti correnti di pensiero del mondo cristiano-orientale, in particolare slavofilo, della prima metà del secolo scorso. Dopo Solovëv, è apparso naturale cercare di penetrare, almeno fugacemente, nell’opera gigantesca ed eclettica di padre Pavel Florenskij. Un’opera troppo vasta e complessa per poter trovare dignitosa accoglienza nello spazio di alcune ore. Si è perciò deciso di porre l’accento solo su alcuni aspetti. In primo luogo la figura di Florenskij, sorprendente e tragica, straordinaria sotto il profilo culturale e religioso e allo stesso tempo squisitamente umana e delicata, piena di pathos, quale emerge soprattutto dalle sue lettere dal lager, nel quale trovò la morte. Il secondo aspetto riguarda la cultura in Pavel Florenskij, circoscrivendone solo alcuni tratti, centrati sul senso teurgico e iconografico, cultuale, della cultura, e trascurandone di necessità altri, pur interessanti, ma meglio riconducibili all’eccezionale erudizione di padre Pavel, che oltre ad essere teologo, fu anche fisico, astronomo, ingegnere, matematico e linguista. Il terzo aspetto è invece centrato sul simbolismo di Florenskij e conseguentemente sul senso dell’icona. Infine, in considerazione delle finalità ecumeniche che stanno alla base dell’attività del Centro “V. Solovëv”, organizzatore del colloquio, si è posto l’accento sulla sofiologia di Florenskij, alla quale deve essere fatto risalire il suo senso ecumenico. Solo una gigantesca e satanica barbarie può aver concepito l’idea dell’annientamento fisico, facendone peraltro in tal modo un martire cristiano, di un uomo di pace e di sconfinata cultura come padre Pavel: questo colloquio vuole dare il suo umile contributo perché la sua opera, di sconcertante attualità, e la sua memoria siano tramandate nel tempo.

The contribution forms the second part of a series begun with the previous symposium “Prophetic sense in Vladimir Solovëv” which aims to rediscover important currents of thought in the eastern Orthodox, and particularly pro-Slav, world in the first half of the twentieth century. After Solovëv, it seemed natural to attempt to penetrate, albeit fleetingly, the monumental and eclectic production of father Pavel Florenskij, concentrating on some specific aspects of his work, too vast and complex to be considered in its entirety, beginning with the surprising and tragic figure of Florenskij himself, extraordinary from both a cultural and religious point of view, exquisitely human and delicate, full of a pathos which emerges above all from his letters from the gulag where he died. The role of culture in Florenskij is then examined, delineating some specific aspects focused on the iconographical and theurgical significance of culture, and necessarily neglecting other aspects related to the exceptional erudition of Father Pavel, who as well as being a theologian was also a physicist, astronomer, engineer, mathematician and linguist. The role of symbolism in Florenskij, and consequently the sense of the icon, is then considered. Finally, in consideration of the ecumenical aims which underlie the activity of the “V. Solovev” centre, which organised the symposium, particular attention has been given to Florenskij’s sophiology, which can be considered to be the basis of his ecumenical mentality. Only a grotesque and satanic barbarism could have conceived the idea of the physical annihilation of a man of peace and vast culture such as Father Pavel, assuring him, in the process, the status of a Christian martyr: this symposium intends to be a humble contribution to the preservation of his memory and his work, which remains as astonishingly topical today as in the past.

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Ricerche

TOMMASO PERRONE
Conoscenza e senso ontico del sapere: Max Scheler e il “problema della realtà”

La concezione gnoseologica scheleriana, più che il risultato di una giustapposizione di natura tematica tra realismo e idealismo, è l’espressione di un “sistema aperto e dinamico” che dice di un interazione ontologico-intenzionale con le strutture profonde della realtà. Sulla base di questa vanno valutati gli aspetti più significativi a livello teoretico-conoscitivo della proposta teorica di Scheler e la sua finalizzazione del sapere “in senso ontico e personale” caratterizzata, da un lato, dalla comprensione del divenire del mondo e dei suoi fondamenti extra-temporali, essenziali ed esistenziali e, dall’altro, dallo sviluppo positivo della persona.

Scheler’s gnosiological theory is more the expression of an “open and dynamic system” of intentional–ontological interaction with the inherent structures of reality than the result of a thematic juxtaposition between realism and idealism. It is on this basis that the most important theoretical and cognitive aspects of Scheler’s proposal should be evaluated, as well as his orientation of knowledge “in a personal and ontological sense” characterised by the comprehension of the becoming of reality and its extra-temporal foundations (both essential and existential) on one hand, and the positive development of the person on the other.

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FRANCESCA ZAIA
La morte nel pensiero di Vladimir Jankélévitch: l’irrevocabile nell’irreversibile

L’impossibilità di raggiungere una conoscenza chiara ed evidente, la necessità di accontentarsi di un’entrevision, uno sguardo fugace gettato sull’inconoscibile, l’obbligo di cogliere un solo istante come elemento disvelante la verità si incarnano in maniera magistrale in uno dei temi più cari a Vladimir Jankélévitch: la morte, unico vero bagliore scomparente che dischiude all’uomo le porte dell’immortalità, consacrando in maniera inequivocabile e incancellabile il fatto di aver vissuto.

The impossibility of achieving a clear and certain knowledge, having to be satisfied with an entrevision, a fleeting glance cast on the unknowable, the necessity to perceive an instant as an element which discloses the truth, all emerge in one of the topics most dear to Vladimir Jankélévitch: death as the only real receding brightness which reveals to man the doors of immortality, and in doing so unequivocally and indelibly consecrates the life lived.

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Problemi e discussioni

PIETRO PIRO
Struttura e significato del silenzio nel rituale di iniziazione pitagorico: il silenzio come morte rituale

Partendo da un’analisi della società greca, tutta orientata, in senso politico, a creare una paideia che le fosse essenzialmente strutturale, si cercherà di mettere in luce come le alternative mistiche rappresentino per l’uomo greco, un tentativo d’accedere ad una differente via di salvezza, alternativa appunto, a quell’offerta dalla religione politica. La sètta pitagorica rappresenta una di queste alternative e proprio per le sue caratteristiche di communitas, essa subisce le tensioni proprie di una dialettica struttura-antistruttura, di cui è pervasa la società. Proprio alla luce di questa dialettica, saranno lette e interpretate le vicende che portarono alla rivolta anti-pitagorica. Considerato prima il quadro politico generale, si analizzerà poi la funzione del silenzio all’interno del rituale d’iniziazione della sètta. Prima, saranno analizzate alcune interpretazioni del silenzio che si concentrano più sui contenuti dottrinari da passare sotto silenzio piuttosto che sulla pratica del silenzio, come momento strutturale nel rituale d’iniziazione. Esposte queste interpretazioni, sarà analizzato il silenzio come momento della pratica rituale, individuando almeno quattro fasi fondamentali nel processo rituale: un primo esame anamnesico e fisiognomico, un periodo della durata di tre anni (preliminare), un periodo della durata di cinque anni (liminare vero e proprio) e una definitiva fase d’aggregazione alla communitas o di pesante espulsione. In questa prospettiva, il silenzio è interpretato come un periodo di morte e rinascita rituale, inserito in un preciso contesto iniziatico.

Starting from an analysis of Greek society, wholly orientated, in political terms, towards creating an essentially structural paideia, the author aims to illustrate how the mystical alternatives represented an attempt to accede to an alternative way of salvation to that offered by the political religion. The Pythagorean sect represented such an alternative and precisely because of its characteristics as a communitas, was exposed to the typical tensions of the structure/anti-structure dialectic which pervaded the society. In this light the events which culminated in the anti-Pythagorean revolt are examined and interpreted. Having considered the general political context, the role of silence within the initiation ritual of the sect is analysed, firstly by considering some interpretations which concentrate more on the doctrinal contents to leave unsaid rather than on the actual use of silence as a structural moment of the initiation ritual. The role of silence as part of the ritual practice is then analysed, identifying four fundamental phases: an initial physiognomic and anamnestic exam; a preliminary three-year period; a further intermediate period of five years; and a final phase of either aggregation to the communitas or violent expulsion. In this perspective silence was interpreted as a period of ritual death and rebirth, inserted within a specific initiation context.

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SIMONE PAGANINI
Qumran, i manoscritti del Mar Morto, gli Esseni. Un problema aperto

Cinquant’anni dopo il ritrovamento dei primi manoscritti nel deserto di Giuda, molte ipotesi su Qumran, sui rotoli e sugli autori degli stessi sono ancora oggetto di dibattito. Recenti interpretazioni dei manoscritti e dei ritrovamenti archeologici pongono continuamente nuove domande. La cosiddetta “interpretazione standard” non appare oggigiorno – senza un’adeguata revisione – accettabile. Un’ipotesi risolutiva che riesca ad ottenere il consenso della comunità scientifica internazionale non è tuttavia ancora in vista. Dall’analisi degli scritti e dal suo confronto con i risultati archeologici emerge un quadro che pian piano prende connotazioni concrete: il gruppo degli autori e/o custodi dei manoscritti era eterogeneo ed apparteneva alla società giudaica a cavallo del primo secolo a.C e d.C; alcune caratteristiche lo rendono simile al gruppo degli Esseni, altre a quello dei sadducei; questa “setta dei manoscritti” sosteneva la dinastia Asmonea e faceva uso di un calendario solare.

Fifty years after the discovery of the first scrolls, many of the hypotheses about Qumran, the scrolls and the authors of the manuscripts are still questioned. New interpretations of the archaeological findings and of some manuscripts let rise a lot of questions. The so-called standard interpretation is no longer acceptable. Too many problems are still open: the location of Qumran in the Historia Naturalis is not sure; only few manuscripts come from the same writers, in the cemetery there are children’s and women’s grabs and above all an attentive reading of the Scrolls shows, that there are a lot of differences between the group of the authors and the Josephus’ and Plinius’ description of the Essene. It is nowadays impossible to suggest a new all-explaining hypothesis. Surely the group of the authors was a heterogeneous fraction in the Jewish society of the first century B. and A. C. They had similarity with the Essenes and with the Sadducees; they supported the Hasmonean house and used a Sun-calendar.

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PAOLO DIEGO FABBRI
Nietzsche contra Nietzsche. Il sacrificio nel pensiero nietzschiano

Nietzsche distingue tra il “sacrificio degli schiavi”, intriso di risentimento, e il “sacrificio dei signori”, espressione della volontà di potenza. l’oltreuomo stesso si sacrifica, emergendo dal “gregge”. Ma il pensiero nietzschiano oscilla tra il semplice rovesciamento del concetto di sacrificio, che rimane ancora imbrigliato nella metafisica, e il sacrificio inteso come soppressione del principium individuationis, che porta con sé il rischio di una afasia linguistica e razionale.

Nietzsche distinguishes between the “sacrifice of the slaves”, brimming with resentment, and the “sacrifice of the masters”, seen as an expression of the will to power. The overman also sacrifices himself, emerging from the “fold”. Nietzsche’s thought oscillates, however, between a straightforward reversal of the idea of sacrifice, which remains a metaphysical concept, and sacrifice conceived as the suppression of the principium individuationis, with the consequent risk of a linguistic and rational aphasia.

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