Il volto dell’altro: principio e fondamento dell’etica

La nostra vera umanità si gioca nel comportamento che quotidianamente teniamo con chi ci sta vicino. Carmine Di Sante: il vero male forse è l’indifferenza, l’anestetizzazione, cioè non percepire il volto dell’altro in cui si iscrive la traccia del divino.

Nell’ardita pretesa di orientare i comportamenti, il ruolo chiave lo gioca l’etica come fattore di differenziazione e luogo d’incontro che può trasformare un possibile scontro fra civiltà in un’inedita opportunità di scambio e di confronto. È partito da qui il ciclo di conferenze Dove va la morale? Bene e male nell’incontro tra le religioni promosso a Padova da Facoltà teologica del Triveneto e Fondazione Lanza. La ricerca delle risorse fornite dalle religioni per una convivenza buona in un mondo marcato dalla pluralità religiosa si è avviata il 12 gennaio 2017 nel dialogo fra ebraismo, con la voce di Gadi Luzzatto Voghera (direttore del Centro documentazione ebraica contemporanea di Milano), e cristianesimo, con il teologo e saggista Carmine di Sante.

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Se è complicato identificare un’univoca teologia ebraica e se manca una dicotomia forte tra bene e male perché non esiste un solo ebraismo, la questione si può inquadrare sotto un paio di aspetti. In riferimento alla Scrittura e alla prima comparsa del binomio bene/male nella Genesi, Gadi Luzzatto Voghera evidenzia la prospettiva che legge nel mangiare il frutto da parte di Adamo ed Eva la differenziazione dell’esistenza divina da quella materiale dell’uomo. «Essi sono messi di fronte a due eternità: quella angelica, senza interrogativi, e quella legata alla procreazione; scelgono di affidare la propria immortalità alla procreazione di altri simili, cioè scelgono l’etica» afferma Luzzatto Voghera, scompaginando l’idea del peccato come male scelto dalla donna.
La questione di “che cosa è bene” nella tradizione ebraica, non più solo biblica ma in prospettiva talmudica, porta al concetto di rispetto della normativa (Halakhah) e a questioni di tipo pratico. Su queste viene richiamata la riflessione di Maimonide che individua, nell’interpretazione di Giuseppe Laras, i cardini per fondare un’etica del bene operare nell’imitazione del comportamento di Dio, nell’unirci a coloro che lo conoscono, nel dialogo e incontro con l’altro, nell’amare il prossimo, nel correggere i fratelli…

Ebraismo e cristianesimo non sono in contrapposizione come “etica della legge” ed “etica dell’amore”: «L’etica cristiana è l’etica dell’alleanza, di un Dio che libera Israele (l’umanità) perché ne è teneramente innamorato. Dio porta l’uomo sul Sinai e ne fa suo partner nell’amore; Dio si china sull’uomo per farlo a sua immagine e somiglianza». La prospettiva cristiana, nelle parole di Carmine di Sante, richiama un’etica incentrata sul perdono «non in contrapposizione all’ebraismo, ma come perdono che si fa radicale: il gesto di Gesù crocifisso, nella cui morte il Nuovo Testamento legge la dedizione nei confronti di tutti, anche del nemico. È rompere la catena della violenza per costruire un mondo buono».
L’etica cristiana è l’etica dell’alterità, della responsabilità, dell’amore, del dono, del perdono.

Nel patto sul Sinai Dio fa dell’uomo il suo “luogotenente nel mondo” (nella felice espressione di Rosenzweig), lo investe di libertà e di responsabilità, lo interpella ad amare il prossimo di un amore gratuito, a rispondere a un altro da sé: la persona che incontra, l’immigrato che bussa alla porta, il disabile della casa accanto, anche se l’altro non è desiderato. Nella Bibbia l’altro è il luogo storico, fattuale dove Dio si fa presente a te e ti affida il fratello perché tu te ne prenda cura. Il pane si spezza sulla mensa liturgica ma anche nella quotidianità dei giorni, attraverso una società giusta.

«Le esperienze del bene e del male – afferma Di Sante – le troviamo in tutte le culture, le ideologie, le religioni, le filosofie. Queste esperienze si auto-fondano: filosofie e religioni sono interpretazioni, non fondamento dell’evento etico. Le etiche devono co-riconoscersi sul piano del vissuto, ciascuna non deve negare le altre né contrapporsi a esse o rivendicare superiorità».
La coscienza etica è laica, cioè universale, perché ogni uomo e ogni donna sono abitati dalla percezione di ciò che è buono e ciò che non lo è. In ogni etica c’è l’attenzione all’altro (a chi è solo, malato, carcerato…) e la nostra vera umanità si gioca proprio sul comportamento che teniamo con l’altro nelle cose più semplici.

«Il vero male forse è l’indifferenza – conclude Di Sante – cioè non percepire il volto dell’altro in cui si iscrive la traccia del divino. Fare del volto dell’altro il principio e il fondamento, questa è l’etica».

Paola Zampieri

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