Per una teologia “in uscita”

30 gennaio 2015
Per una teologia in uscita”. Questo è stato il titolo della proposta di mons. Piero Coda, preside dell’Istituto universitario Sophia, ai docenti della Facoltà teologica del Triveneto riuniti nel collegio plenario il 30 gennaio 2015 nella sede di Padova. La relazione si è articolata in quattro passaggi: lo stile che la teologia è chiamata ad assumere in questo tempo; la necessità di “ripensare il pensiero”; “riformare” la chiesa; vedere e far vedere Dio.
Per quanto riguarda lo stile, la teologia deve portare la propria attenzione sul tempo che stiamo vivendo, caratterizzato dalla novità del concilio Vaticano II. Alla luce del pensiero di Rosmini, secondo il quale lequalità che devono contraddistinguere l’esercizio e l’insegnamento della teologia sono «l’unicità di scienza, la comunicazione di santità, la consuetudine di vita e la scambievolezza di amore»,Coda ritiene che lo Spirito santo chieda oggi alla teologia di assumere con coraggio il compito di discernere «tra ciò che edifica e va edificato e ciò che distrugge e va distrutto».
Il secondo punto della proposta di Coda – “ripensare il pensiero” – parte da alcune suggestioni di Edgard Morin, secondo il quale «è meglio una testa ben fatta che una testa piena». Oggi si sperimentano forme di sapere molto specializzate e reciprocamente indipendenti, che appaiono però «esoteriche, anonime, frammentate e deludenti». Dall’altra parte, cresce la consapevolezza che viviamo in un contesto caratterizzato dall’interdipendenza e dalla globalità e ripensare il pensiero diventa ormai una necessità. Solo la sapienza – suggeriva T.S. Eliot – dà unità alle varie forme di conoscenza. Tutto ciò provoca alla ricerca di un paradigma nuovo nell’accesso alla conoscenza e richiede un nuovo patto tra le varie forme di sapere. Per la teologia entrare in questo processo significa accettare di fare ingresso nell’agone del cammino verso l’unità, con umiltà e coraggio, imparando a sostenere il confronto scientifico.
Il terzo snodo riguarda la “riforma della chiesa”. In continuità con il Vaticano II, papa Francesco insiste molto sulla necessità della missione: è questa – per certi versi – la riforma in atto della chiesa. La missione non è solo un’esigenza “intraecclesiale” ma un compito e una responsabilità della chiesa dinanzi alla storia. Anche in questo caso si tratta di un cambio di paradigma e la teologia deve servire umilmente alla riforma della chiesa e dare gli strumenti utili perché questo accada, secondo i dettami del Vaticano II. Un punto fondamentale della riforma è quello della “figura sinodale” della chiesa. Papa Francesco sta indicando nella prassi sinodale la figura verso cui muoversi e la sta attuando in molti modi: basti pensare al sinodo sulla famiglia, pensato dal papa in due tempi e con il coinvolgimento del popolo di Dio, e alla riforma della Curia. Riformare la chiesa in vista della sinodalità, però, non significa perdere il principio ministeriale della chiesa: compito della teologia è allora comprendere in modo pertinente il delicato rapporto tra “ecclesiologia di comunione”  e “comunione gerarchica”.
Vedere Dio e far vedere Dio è l’ultimo punto della proposta di Coda. La teologia per vocazione è visio Dei (visione di Dio) e questo è il suo scopo essenziale. Se lo sguardo su Dio passa attraverso Cristo, ciò comporta guardare, attraverso Cristo, anche all’uomo: essere contemplativi di Dio e conduce anche alla contemplazione del popolo di Dio. La questione di Dio è molto presente nei nostri giovani, che sono una parte molto preziosa del popolo di Dio. Le forme di trasmissione del messaggio cristiano però risultano obsolete e difficilmente comprensibili ai giovani. Non si tratta solo di trovare nuove forme, ma di ripensare il linguaggio e la comunicazione dell’esperienza cristiana di Dio. I sensori che intercettano Dio – ribadiscono le ricerche socio-religiose sui giovani (cf. A. CastegnaroG. Dal PiazE. Biemmi, Fuori dal recinto, Milano 2013) – non sono rattrappiti, ma rischiano di non trovare “campo” nei linguaggi ecclesiali attuali. La ricerca di una realizzazione di sé nel presente, come unità di psichico e corporeo, la relazione con gli altri, sentita come luogo dell’accadimento di sé, e il bello, inteso come luogo di rivelazione del mistero, sono tre aspetti ai quali i giovani si mostrano sensibili e, seppure intrinseci al mistero cristiano, oggi come chiesa facciamo fatica a “ridire”: ecco un ulteriore compito della teologia “in uscita”.
Il teologo padovano Luigi Sartori verso la fine della sua vita confessava di aver “maturato il desiderio della visione di Dio”: forse proprio arrivare a questo, non da soli ma insieme ai fratelli e alle sorelle del proprio tempo, è il compito più urgente per una “teologia in uscita”.
 
 
Alessio Magoga
docente di Cristologia
Studio teologico interdiocesano di Treviso-Vittorio Veneto
 
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