Per un’estetica dei sensi spirituali

Intervento del prof. Paolo Tomatis.

«Da oltre un millennio la Chiesa percorre la via pulchritudinis per dire la verità di Dio. Da oltre un millennio, la Chiesa prega: Accende lumen sensibus! È una preghiera che non lascia dubbi circa il pieno coinvolgimento del corpo nell’esperienza della fede. La riflessione teologica lo ha sempre intuito, ma per descrivere i dinamismi dell’esperienza spirituale ha preferito affidarsi alle sponde sicure della razionalità, diffidando del linguaggio dei sensi, ritenuto ambiguo e ingannevole. Dopo secoli di sospetto, sembra che sia arrivata l’ora di reintegrare la sensibilità nell’esperienza e nella sapienza della fede, in corrispondenza con un suo recupero, tanto a livello filosofico quanto a livello di cultura diffusa». È partita da qui la relazione del prof. Paolo Tomatis, docente di liturgia e sacramentaria alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale – sezione di Torino, intervenuto martedì 29 novembre 2011 alla giornata di studio proposta dal biennio di specializzazione in teologia spirituale della Facoltà teologica del Triveneto e svoltasi all’Istituto teologico sant’Antonio dottore.

Teologia, filosofia e cultura si sono caratterizzate nel corso del Novecento per una riscoperta della sensibilità: mentre la teologia ha fatto tesoro della duplice svolta cristocentrica e antropocentrica, la filosofia si è giovata degli apporti della fenomenologia e dell’ermeneutica, arrivando a considerare i sensi non più come strumenti ma come organi di una relazione permanente con noi stessi e con l’alterità del mondo e mostrando nei dinamismi della sensibilità un “di più”, una eccedenza del senso rispetto al giudizio intellettivo, l’eccedenza della realtà rispetto alla sua appropriazione sensibile. Nell’ambito della Rivelazione e della fede, «le scritture bibliche – ha affermato Tomatis – sono concordi nell’attestare la natura estetica della rivelazione del Dio di Gesù Cristo. Gli eventi e le parole attraverso cui si attua l’autocomunicazione di Dio non sono semplicemente una tattica per far breccia nei sensi dell’uomo: più in profondità costituiscono la forma stessa della sua Rivelazione come Agape, divina sensibilità che si prende cura delle sue creature». Ma «è finalmente nella persona di Cristo, pienezza dei sensi, che abita corporalmente la pienezza della sensibilità del Padre: chi vede lui vede il Padre, chi ascolta lui ascolta il Padre», mentre lo Spirito «coinvolge la sensibilità dei credenti nel legame tra il Padre e il Figlio, facendo uscire i sensi dalla carne di una sensibilità carnale, per accenderli della luce di Cristo e farli entrare nella sua sensibilità».

In questa dinamica, l’«accordatura» dei sensi all’Agape si fa cammino dei sensi spirituali, chiamati ad attuare la dialettica pasquale di morte e resurrezione nelle tre forme della subordinazione, integrazione e trasfigurazione: «L’ascesi, così come il rito, l’etica, la devotio, la lectio biblica e le molteplici figure dell’esperienza cristiana, – ha aggiunto Tomatis – mostrano la fede cristiana come un lavoro dei cinque sensi, un esercizio e una pratica di apertura a una nuova sensibilità, un passaggio a un corpo altro, senza che vi sia sostituzione tra il corpo spirituale e il corpo precedente». È un cammino quotidiano di conversione, in cui l’ascesi, il rito, la festa diventano i luoghi in cui si manifesta «una sapienza del vivere e del sentire che prende forma dal legame con il vangelo di Cristo e dà forma, eucaristica e pasquale, alla vita cristiana».

«In mezzo – tra l’ascesi straordinaria, il rito e la festa – è la vita intera, colta nella varietà delle sue figure e nell’alternarsi delle sue fasi – ha concluso Tomatis. La ricerca di un’ascesi ordinaria, che integra i sensi in uno stile di vita illuminato e riscaldato dal legame con il Logos fatto carne, ritma le opere e i giorni del credente, che imparano a vivere nello Spirito ora le forme pratiche dell’esistenza quotidiana (il pasto, la fame e la sete, lo sguardo e l’atten­zione del vedere, l’ascolto dell’altro e della musica, il tono del parlare, il bacio e i gesti dell’affetto fisico, il vestire e il modo di apparire, il lavoro e il riposo, il silenzio e la solitudine, la cura “tattile” delle cose e dell’altro…), ora l’interruzione e la subordinazione straordinaria, e sovente involontaria, della sensibilità ferita (nell’espe­rien­za della malattia, dell’isolamento, del tragico e del dolore che lo attraversa), ora il dono inatteso di momenti epifanici che riscaldano il cuore e illuminano il cammino».

Dopo la relazione del prof. Tomatis è intervenuto il prof. Giorgio Bonaccorso, docente dell’Istituto di liturgia pastorale di Santa Giustina a Padova e alla Facoltà teologica del Triveneto, sottolineando alcuni aspetti. Si è soffermato soprattutto sul rapporto fra corporeità e trascendenza («solo la corporeità può farci accedere alla trascendenza»; «il corpo è la cifra antropologica della trascendenza») e sulla figura di Gesù («il Risorto non è uno spirito ma un corpo segnato dalla croce»; «il vertice della liturgia è l’eucaristia, è un “mangiare”, un immedesimarsi reciproco, la massima interiorità»; e quindi: «i sensi sono la possibilità aperta a nuove esperienze di rapporto col trascendente divino»).

 

Paola Zampieri

 

 

Le foto della giornata

 

 

 

 

I file audio degli interventi.

 

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