Teologia sulla frontiera

Il teologo Christoph Theobald, figura di spicco nel contesto della teologia europea, sarà a Padova il 22 novembre. Terrà la prolusione al dies academicucs su un tema rilevante per la vita della chiesa e della società: il rapporto tra dialogo e autorità. Dialogherà poi con i docenti sulle prospettive dischiuse da “Veritatis gaudium” alla riflessione teologica, nell’ambito di un percorso di approfondimento avviato dalla Facoltà, come spiega il preside Roberto Tommasi in questa intervista.

Il teologo Christoph Theobald, una delle figure di spicco nel contesto della teologia europea, sarà a Padova il 22 novembre 2018, invitato dalla Facoltà teologica del Triveneto per l’inaugurazione dell’anno accademico 2018/2019. Il teologo gesuita, docente di teologia fondamentale e dogmatica al Centre Sèvres di Parigi, porterà la sua riflessione in due momenti distinti. Al mattino, nella prolusione al dies academicus, toccherà un tema rilevante per la vita delle comunità cristiane e, più ampiamente, anche della società: il rapporto tra dialogo e autorità. Nel pomeriggio, in un incontro riservato ai docenti della Facoltà, della sede e degli Istituti in rete, offrirà un contributo sulle potenzialità per la riflessione teologica dischiuse dal Proemio della Veritatis gaudium di papa Francesco.
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La presenza del prof. Christoph Theobald si inserisce nel percorso di approfondimento e di rinnovamento del lavoro teologico avviato dalla Facoltà, su impulso dalla costituzione apostolica Veritatis gaudium di papa Francesco circa le università e le facoltà ecclesiastiche. È un impegno cui sono invitati innanzitutto i docenti e che va nella direzione di una maggiore connessione tra fede e vita e tra teologia e pastorale, inserendosi nella prospettiva di rinnovamento della missione della chiesa proposta dal papa in Evangelii gaudium.

Ne parliamo con il preside, mons. Roberto Tommasi.

Nel profilo programmatico dell’impegno culturale cristiano e degli studi ecclesiastici, tracciato da papa Francesco nel proemio di Veritatis gaudium, si evidenziano in particolare due indicazioni (al n. 3), che vanno nel solco del concilio Vaticano II: superare il divorzio fra fede e vita e fra teologia e pastorale; considerare il fondamentale nesso tra questione sociale e questione antropologica. Come si attualizza l’invito conciliare?
«Fra i testi ispiratori di Evangelii gaudium c’è l’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI, che pone esplicitamente fra le grandi questioni del nostro tempo proprio il superamento del divorzio che si è creato, soprattutto a partire dalla modernità, tra fede e cultura, intendendo con cultura non solo i mondi accademici ma tutte le diverse espressioni delle società umane. Papa Francesco ritiene questo aspetto particolarmente importante per rinnovare la missione della chiesa, che oggi è chiamata sempre più a diventare capace di mettersi in cammino per incontrare gli uomini e le donne del nostro tempo all’interno delle loro società e delle loro culture, per dialogare con loro, per far risuonare in mezzo a loro la voce, la forza, l’amore del vangelo».

Quale ruolo assume l’annuncio cristiano portato nel dialogo e nell’incontro con le diverse culture?
«Il dialogo comporta un atteggiamento di dare e di ricevere tra diversi. Attraverso il dialogo così inteso, l’annuncio cristiano diventa seme e ispirazione per stili di vita che portino ad autenticità e a pienezza l’umano: l’umano comune, che è originalmente in ogni uomo e in ogni donna che, nella loro storia, lo incarnano in modo unico e irripetibile, vedendovi riconosciuta la propria intangibile dignità umana».

Papa Francesco ha in mente un “nuovo umanesimo”…
«Un umanesimo che permette all’uomo contemporaneo di ritrovare se stesso in Cristo. Non si realizza portando dentro la cultura una visione di uomo che è a priori, a prescindere, ma in quanto dall’umano, come risuona nelle diverse culture, emergono quelle dimensioni e quelle potenzialità in cui già sta qualcosa dell’immagine di Dio».

La filosofia e la teologia come si collocano in questo contesto?
«Queste due discipline, come moltissimi altri saperi dell’uomo, sono potenziali percorsi di ricerca della verità, della bontà-giustizia, della bellezza. Con il proprio diverso approccio e metodo (quello della teologia originato dall’ascolto della Rivelazione, quello della filosofia generato in particolare dall’esercizio della razionalità umana), ambedue concorrono, ascoltando con attenzione la vita degli uomini e delle società, a portare a manifestazione ciò che dà senso all’esistenza, offrendo alla libertà dei singoli e delle comunità qualcosa che può permettere loro di rispondere più autenticamente alla chiamata che ogni vita reca in se stessa come compito da realizzare nel proprio cammino».

Per la teologia è un invito a “vivere sulla frontiera”?
«La teologia, da un lato, è consapevole di essere una riflessione, un “logos” che si genera dall’ascolto delle Scritture e dalla tradizione di fede della chiesa; dall’altro, essa ha la convinzione che il senso profondo di tale rivelazione e tradizione si può disvelare meglio non perdendo mai di vista l’apertura agli orizzonti dischiusi dallo sguardo su Dio, sull’uomo e sul mondo che scaturisce dalle multiformi espressioni della vita e dell’agire umano nello spazio e nel tempo, che in parte viene scoperto dai diversi saperi e scienze. Il dialogo e la tensione virtuosa tra questi diversi modi di apertura alla realtà conduce a una migliore approssimazione alla ricchezza del tesoro inesauribile custodito nell’esperienza di fede cristiana e al cuore stesso della realtà e della vita dei popoli e delle persone».

Veritatis gaudium chiede un cambio di paradigma alle istituzioni accademiche ecclesiastiche. Qual è la sfida da cogliere?
«Veritatis gaudium nel Proemio offre delle aperture e degli stimoli al rinnovamento della teologia e delle istituzioni teologiche; presenta poi un’ampia parte normativa che raccoglie il meglio della tradizione e dell’esperienza della proposta culturale delle istituzioni accademiche ecclesiastiche. La sfida è fare interagire ciò che noi già siamo e le nuove esigenze e attenzioni irrinunciabili che il papa pone alla nostra attenzione, cogliendo i cambiamenti avvenuti nel mondo universitario e nell’ambito dei saperi ma soprattutto nella prospettiva di rinnovamento della missione della chiesa».

Come abitare questa tensione?
«Penso che per le facoltà teologiche ciò significhi anzitutto coltivare la capacità dialogica o dialogale della teologia, in un triplice senso: il dialogo con la vita dei credenti e delle comunità di fede e umane, entro cui il sapere teologico viene elaborato; il dialogo dei saperi teologici con gli altri saperi, sia con quelli che per loro natura sono più vicini alla teologia (come le filosofie o le scienze umane), sia con quelli che a un primo sguardo possono sembrare meno vicini, se non indifferenti, al discorso teologico ma che hanno un ruolo importante nella vita del mondo di oggi e nella strutturazione delle condizioni di vita degli uomini e delle società».

E il terzo aspetto caratterizzante la capacità dialogica della teologia?
«Attraversando la molteplicità disciplinare su cui lo stesso sapere teologico si struttura, occorre vigilare, da una parte, sul rischio che si perda il valore importante dell’unità del sapere teologico (che pone al centro e come essenziale l’evento pasquale di morte e resurrezione) e, dall’altra, su una improvvida modalità didattica che non aiuti gli studenti a percepire l’essenziale della fede e a cercare l’intero dell’esperienza. A questo scopo risulta strategico che i docenti, i ricercatori, gli studiosi di teologia diventino sempre più capaci di interlocuzione tra loro, lasciando che le loro diverse prospettive e gli specifici ambiti del sapere entro cui operano si connettano e vengano posti in reciproca interazione».

Quali sono i passi possibili?
«Le tre prospettive di dialogo menzionate hanno bisogno di cammini differenziati, di tempi medio-lunghi e di adesione concreta e convinta da parte di tutti coloro che abitano il mondo della teologia. In questo senso mi sembra che Veritatis gaudium chieda alle comunità accademiche di maturare un’attitudine a esercitare il discernimento per comprendere quali azioni, nei diversi tempi e nei diversi spazi, siano da sviluppare per camminare verso il cuore del servizio e della missione della teologia e di una facoltà teologica».

Quale impegno si assume la Facoltà teologica del Triveneto?
«Quest’anno tutti i docenti, della sede centrale e dei diversi istituti in rete, saranno coinvolti in un cammino di riflessione e di confronto, in vista di individuare insieme alcuni primi passi e alcune scelte che aiutino ad andare verso quell’esercizio di dialogo che è capace di approfondire e di rinnovare il senso del lavoro teologico nella direzione di una maggiore connessione tra fede e vita, teologia e pastorale».

Paola Zampieri

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