Padova, 15 ottobre 2025. Fame, peste, guerra: sono i principali castighi del popolo ebraico espressi nella Bibbia, nel libro di Geremia. Oggi li potremmo ridefinire: catastrofi naturali, malattia, violenza. Il male è un’esperienza quotidiana e il mondo non sempre corrisponde alle nostre aspettative. Chi è responsabile? «Dio non è responsabile. È sempre l’umanità a esserlo». Così ha affermato il biblista Jean Louis Ska (gesuita belga, emerito di Esegesi dell’Antico Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma, attualmente direttore dell’Associazione ex alunni), aprendo la lezione che ha tenuto per le studentesse e gli studenti e per i docenti della Facoltà teologica del Triveneto nella mattinata dedicata all’accoglienza delle matricole e alla proclamazione dei gradi accademici.
Ska: il male nell’Antico Testamento
Poiché il male non è sempre soltanto male morale e la responsabilità non è sempre chiara, Ska ha percorso tre vie di ricerca, principalmente nell’Antico Testamento con qualche incursione nel Nuovo, esplorando gli ambiti delle catastrofi naturali, della malattia e della violenza.
Nei racconti del diluvio universale, della distruzione di Sodoma e Gomorra, della siccità conseguente al culto di Baal – esempi di catastrofi naturali narrate nella Genesi e nel primo libro dei Re – le responsabilità sono sempre riconducibili all’uomo; cause ne sono la malvagità e la violenza, la colpa, il comportamento.
«Nel racconto del Diluvio la violenza ha messo a repentaglio l’esistenza dell’universo – ha spiegato il biblista –; ma, grazie a Dio, non tutto l’universo era violento e un solo giusto, Noè con la sua famiglia, è bastato a salvarlo». C’è un castigo per la violenza umana, dunque, ma c’è anche un messaggio di speranza. Allo stesso modo la conversione del popolo d’Israele dopo essersi perduto nel culto del dio Baal, e per questo avere subito una terribile carestia, porta a riscoprire «un Dio che non solo è presente negli eventi della storia ma è lui stesso che scrive la storia con il suo popolo: è innanzitutto il Dio della storia» ha chiosato Ska. Con un’incursione nel Nuovo Testamento ha aggiunto: «Nel vangelo di Luca, a proposito dei morti caduti nel crollo della torre di Siloe, Gesù chiede “erano forse più colpevoli di altri?”. Risulta chiaro qui come non ci sia un legame tra catastrofi naturali e colpevolezza: Dio non ci castiga, ci chiama rivedere la nostra condotta e comportamento».
Nell’ambito della malattia, la Bibbia mostra Dio come colui che guarisce, non infligge infermità. Un esempio è quello di Naaman il siro, nel secondo libro dei Re. Uomo ricco e potente, egli è convinto di poter comprare a qualsiasi prezzo la guarigione, e invece dovrà capire che la soluzione gli verrà dall’umile ascolto di una giovane donna, ebrea, schiava, agli antipodi rispetto a lui nella scala sociale. «La malattia può essere guarita da Dio. E guarigione e conversione – ha aggiunto Ska – vanno insieme». Di nuovo scivolando verso il Nuovo Testamento, il biblista ha citato l’episodio del cieco nato con la discussione fra i discepoli e Gesù sul perché l’uomo sia nato non vedente. Colpa dei genitori? Colpa sua (e come, dato che da sempre si è trovato in quella condizione)? Né l’uno né l’altro, risponderà Gesù, ma per la gloria di Dio. «Cambia il modo di vedere il problema – ha ripreso –. Non importa sapere perché arriva il male, ma come guarire il male. Quando c’è il male l’unica cosa da fare è lottare contro di esso, fare di tutto per sopprimere la sofferenza, eliminare le disgrazie».
Infine, la violenza, elemento pervasivo, ad esempio, di tutto il mondo al tempo del Diluvio. Il racconto della creazione con cui si apre il libro della Genesi dà forma a un mondo utopico, armonioso, felice e non violento. «Non è il nostro mondo – ha affermato il biblista –. Lo stesso vale per i tempi messianici narrati dal profeta Isaia, quando il lupo mangerà con l’agnello e il bambino giocherà davanti alla tana della vipera: è un mondo ideale, futuro, escatologico. Il mondo senza violenza, armonioso e solidale, è il mondo da costruire e costruirlo è il nostro compito».
Da ultimo, Ska è ritornato sul tema della responsabilità, sottolineandone le differenze nel diritto romano e nel mondo biblico. Nel primo, di fronte a un delitto la priorità va alla ricerca del colpevole; nel secondo, la precedenza va a risarcire la vittima. «Il buon samaritano non chiama le forze dell’ordine, denuncia il delitto e fa ricercare il colpevole. Egli invece si prende cura della vittima – ha fatto notare Ska –. E nell’ultimo giudizio il Figlio dell’uomo cercherà chi ha aiutato le vittime dell’ingiustizia: i poveri, gli affamati, i carcerati… L’attenzione alla vittima e al suo risarcimento è la cosa fondamentale, sempre». La storia di Giobbe aggiunge un altro tassello alla riflessione e chiude il cerchio. Malato e sofferente, egli non si arrende al credere comune – pure dei suoi amici – che ne sia causa il suo peccato: non trova proporzione fra peccati commessi e mali inflitti. «A un certo punto Dio gli dà ragione. Quando Giobbe si ribella contro il non-senso della sua sofferenza, contro la corruzione, la malvagità, la cattiveria del mondo è Dio che si ribella in lui. Il Dio della Bibbia – ha concluso Ska – è il Dio che si ribella contro il male».
In occasione della sua presenza a Padova Jean Louis Ska ha rilasciato un’intervista (leggi qui).
Per il nuovo anno accademico: respiro, ritmo e riposo
Il preside della Facoltà, don Maurizio Girolami, in questo appuntamento di inizio anno accademico ha consegnato tre parole alle studentesse e agli studenti: respiro, ritmo, riposo.
«Ogni spazio di vita è dentro il respiro di Dio – ha detto – e anche studiare è un modo per respirare, per prendere coscienza che in Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo». Per vivere è necessario avere il ritmo, che è frutto di esercizio, non è solo una dotazione naturale. «La vita di fede è imparare a interpretare la partitura più bella – il mistero pasquale – nel modo più consono ai nostri tempi. E questo è compito di ciascun battezzato. Senza ritmo non c’è melodia». Infine, una parola che suona strana a inizio anno: riposo, «Dio si è riposato il settimo giorno e ha comandato di sospendere l’attività per ricordarsi di Lui, del suo primato, della necessità della contemplazione sulla produzione troppo spesso idolatra di se stessa, anche se si tratta di attività pastorale o accademica. Vi auguro – ha concluso il preside – di riposare tantissimo, perché solo nel riposo vissuto bene si potrà accogliere il gusto del lavoro fatto, e questo vuol dire che avrete lavorato tanto per gustare e godere».
La mattinata si è conclusa con gli interventi dei direttori del ciclo istituzionale, don Gastone Boscolo, e del ciclo di licenza, don Stefano Didonè, che hanno chiamato per nome tutte le matricole dando loro il benvenuto in Facoltà e hanno proclamato coloro che hanno concluso il percorso di studi nell’anno passato conseguendo i titoli accademici di baccalaureato (17), licenza (7) e dottorato (5).
Paola Zampieri

