COMUNICATO STAMPA 46/2025
Padova, 4 dicembre 2025
GIORNATA DI STUDIO
Denatalità e infertilità: questioni teologiche
Di fronte a dati statistici che evidenziano ancora nascite in calo e fecondità ai minimi storici, la Facoltà propone un’ampia riflessione sugli aspetti economici, culturali e sociali, ma anche medici e sanitari, e sulle questioni pastorali e teologiche in gioco.
Intervista ad Adriano Bordignon, presidente del Forum nazionale delle Associazioni familiari, che afferma: “Denatalità, necessarie misure strutturali e politiche stabili per la famiglia”.
Martedì 9 dicembre 2025, ore 14.15-17.15
Padova, Facoltà teologica del Triveneto
Nascite in calo e fecondità ai minimi storici. È il verdetto dell’ultimo rapporto Istat, pubblicato il 21 ottobre scorso, che denuncia quasi 13mila nati in meno da gennaio a luglio 2025, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e il numero medio di figli per donna più basso di sempre (stimato a 1,13).
Partirà da qui l’approfondimento proposto dalla Facoltà teologica del Triveneto nella giornata di studio, aperta al pubblico, dal titolo Denatalità e infertilità: questioni teologiche, in programma martedì 9 dicembre alle ore 14.15 nella sede di Padova (via del Seminario 7).
Quali sono gli aspetti economici, culturali e sociali che spingono a non mettere in conto un figlio da parte delle coppie oggi in Italia? Lo spiegherà Adriano Bordignon, presidente del Forum nazionale delle Associazioni familiari, commentando i dati statistici e portando nuove proposte. Il tema dell’infertilità, negli aspetti medici e fisiologici, nelle cause e nelle modalità di affrontarla, sarà sviluppato dal dottor Enrico Busato, responsabile di Oncologia ginecologica presso la Casa di cura Giovanni XXIII di Monastier. I temi della denatalità e dell’infertilità giocano un ruolo anche in ambito pastorale e chiamano in causa la riflessione teologica; a tracciare le questioni sarà padre Oliviero Svanera, docente di Teologia morale familiare alla Facoltà teologica del Triveneto.
- Un’intervista ad Adriano Bordignon, che approfondisce il tema, è pubblicata nel sito della Facoltà (https://www.fttr.it/bordignon-forum-associazioni-familiari-denatalita-necessarie-misure-strutturali-e-politiche-stabili-per-la-famiglia/ ) e può essere ripresa, citando la fonte.
Di seguito ne riportiamo alcuni passaggi.
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«La denatalità non è più un fenomeno congiunturale ma una trasformazione profonda della nostra società, che rischia di compromettere la sostenibilità del sistema Paese». Così Adriano Bordignon, presidente del Forum nazionale delle Associazioni familiari, commenta ciò che traspare dai dati Istat, sottolineando che «una popolazione che diminuisce e invecchia non può reggere a lungo l’attuale livello dei servizi pubblici, del sistema sanitario, delle pensioni e della capacità produttiva; è un tema che riguarda la qualità del nostro futuro e non solo l’andamento demografico».
Dal vostro punto di osservazione, qual è l’urgenza in questo momento e chi è chiamato in causa?
«Noi insistiamo sull’urgenza di politiche mirate, non episodiche, che rafforzino lavoro, servizi alla prima infanzia, caregiving e accesso alla casa per le giovani coppie e famiglie. La sfida è così ampia che richiede una collaborazione costante tra territori, governo ed Europa, perché nessun livello istituzionale può affrontarla da solo. La natalità deve diventare parte integrante delle strategie di sviluppo, non un capitolo residuale delle politiche sociali. Sono perciò necessarie politiche universali, strutturali e generose per provare a ridefinire un destino che sembra oramai segnato».
È sempre più frequente la scelta di rinunciare alla genitorialità o di posticiparla. È una scelta dovuta a difficoltà oggettive o siamo anche di fronte a un fenomeno culturale in cui i figli “perdono valore”?
«Oggi la genitorialità viene spesso rimandata non perché se ne sia perso il senso, ma perché il contesto culturale ed economico non infonde fiducia. Recenti dati Istat ci rappresentano una popolazione giovanile tra 12 e 19 anni che ha ancora un desiderio molto alto di “mettere su famiglia” e diventare genitori. Le nuove generazioni vivono però una precarietà prolungata, percorsi di formazione molto lunghi, difficoltà a trovare un’abitazione e un clima sociale che parla più di rischi che di possibilità. Tutto questo pesa sulla libertà di diventare genitori e trasforma un desiderio naturale in un progetto percepito come troppo fragile o rischioso in un contesto cangiante e vischioso. È una condizione di “child-less” forzato, più che una scelta “child-free”».
Riguardo alle politiche per la famiglia, quale sostegno sarebbe necessario ed efficace?
«La prima urgenza è rimuovere gli ostacoli concreti: garantire un lavoro stabile con tempi più conciliabili, potenziare i servizi educativi e di cura, affrontare l’emergenza abitativa e introdurre una fiscalità che riconosca davvero i carichi familiari. In questo senso, nella recente Legge di Bilancio vediamo piccoli segnali incoraggianti: la rimodulazione dell’Isee, frutto di un confronto serio ai tavoli istituzionali, è un passo avanti; così come la stabilizzazione di un fondo per sostenere le spese delle famiglie e le misure per conciliazione famiglia-lavoro. Sono interventi importanti, che valutiamo positivamente, ma che vanno inseriti in una cornice di più ampio respiro».
Come agire a lungo termine?
«È necessario procedere con misure strutturali, come l’estensione dell’Assegno unico almeno fino ai 21 anni – consapevoli che la vita delle famiglie renderebbe ragionevole arrivare ai 24 – perché è proprio dopo la maggiore età che esplodono i costi educativi, sportivi e culturali. Allo stesso tempo, una fiscalità più equa, proporzionata al numero dei figli, avvicinerebbe il nostro sistema al principio del “quoziente familiare”, già inserito nella legge delega di riforma fiscale e ancora inattuato. Accogliamo quindi i passaggi positivi, ma ribadiamo la necessità di politiche stabili e continue, capaci di incidere davvero sulla vita reale delle famiglie. Resta poi il cronico calo del potere di acquisto delle famiglie italiane che con salari reali fermi al palo devono rinunciare a diverse spese ordinarie».
Nel suo recente libro “Rivoluzione famiglia. Un ecosistema per il futuro” lei delinea la famiglia come generatrice di capitale relazionale, produttrice di ricchezza e promotrice di innovazione nelle politiche familiari. Come si rivaluta la famiglia in quanto soggetto sociale e fondamento della collettività?
«La famiglia è un soggetto sociale attivo, capace di produrre ricchezza relazionale, cura, responsabilità e coesione. È un ecosistema vivo: respira, cresce, si adatta, e la sua forza è profondamente legata alla qualità del clima sociale ed economico che la circonda. È anche luogo di apprendimento sociale, laboratorio di umanizzazione, fucina di capitale sociale primario. Per rivalutarla occorre cambiare sguardo di chi si prende cura dei diversi sistemi sociali ed economici: non parlare della famiglia come luogo dei problemi, ma partire dalla famiglia come criterio generativo, come chiave per leggere ogni ambito della vita pubblica. In un tempo segnato dall’individualismo, la famiglia può davvero essere rivoluzionaria: è il primo laboratorio di solidarietà, di responsabilità, di speranza. Investire sulla famiglia significa investire sul futuro del Paese, e rappresenta la prima, autentica politica civile e industriale del nostro tempo».

