Abitare la rete, obbligo e responsabilità educativa

Conferenza del 24 marzo 2015
Con uno sguardo all’impatto della rete sulle relazioni tra le persone e sul modo di insegnare si è concluso il ciclo di conferenze La Rete ci cambia?, promosso dalla Facoltà e dal Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Padova. Sono intervenuti la sociologa Chiara Giaccardi, docente di sociologia e antropologia dei media all’Università Cattolica di Milano, e Aluisi Tosolini, pedagogista e dirigente scolastico.
 
Entrando nel tema di come la rete “cambia” persone e società, Chiara Giaccardi ha innanzitutto smontato tre pregiudizi: determinismo tecnologico, dualismo digitale, divario generazionale. La rete non è un soggetto che produce un effetto causale sulle nostre menti; certo, ci sono dei condizionamenti e per questo sono necessarie conoscenza, educazione e responsabilità: nell’ambivalenza della rete ci sono margini di critica e di libertà su cui lavorare. Anche il dualismo virtuale/fisico, online/offline è sbagliato perché le relazioni nel mondo materiale e quelle via web concorrono a formare un unico ambiente e la sfida oggi è sapere integrare queste due modalità relazionali. Su questo dualismo – ha fatto notare la sociologa – la chiesa ha detto una parola già nella Gaudium et spes (n. 62), affermando che il mondo non è un ambito di pericolo e che le conquiste della tecnica non sono un depotenziamento della verità. Viviamo dunque in un mondo misto, fatto di materiale e digitale, che può (e dovrebbe) diventare anche occasione di riallacciare una comunicazione intergenerazionale.
La rete non è uno strumento (che uso e ripongo) ma è un ambiente che amplia la possibilità di relazione; i media sono “sciolti” nell’ambiente in cui abitiamo (postmedialità) e al quale l’essere umano dà forma e significati. Occorre lavorare proprio sulla capacità di dare senso a ciò che facciamo, ha ribadito Giaccardi, per arginare i rischi e le fragilità a cui espone il web: l’esibizione di sé, il bisogno ossessivo di condividere, la perdita di una riflessione più profonda. Per non lasciarsi risucchiare dall’ambiente occorre imparare ad abitarlo e a plasmarlo.
Questo ambiente offre delle opportunità educative che vanno coltivate. Per i genitori e i docenti la sfida che l’equivalenza/indifferenza diffusa nel web pone è la capacità di costruire una relazione di fiducia con i ragazzi, dove essi possano riconoscere l’autorevolezza della parola dell’adulto in quanto portatrice di una testimonianza. La reciprocità che vige in rete dice inoltre che non si può più parlare di “trasmissione”, perché non si impara fuori dalla relazione; così come si impara facendo (immergendosi negli ambienti, attraverso l’esperienza) e condividendo: in rete non si sta mai senza l’altro. La svolta antropologica – ha concluso la sociologa – sta nel saper spostare il baricentro dall’uso della tecnologia al senso che ci sta dentro.
 
Insegnare nel tempo di internet non esonera dal primato della pedagogia. Internet – ha spiegato Aluisi Tosolini – non è solo una questione tecnologica ma è un tema pedagogico, che richiede la capacità di trasformare l’informazione in conoscenza e la conoscenza in azione. L’insegnante deve saper adeguare la propria professionalità al nuovo contesto, passando da autorità a livello di trasmissione di conoscenza e di informazioni a docente che apprende il classe, tutor/coach che collabora con gli studenti, autore di nuovi contenuti, ricercatore in formazione permanente e membro di una comunità di docenti. Il professore oggi è un elemento che gioca nei nuovi ambienti di apprendimento, caratterizzati da tempi più dilatati, maggiore flessibilità e condivisione, dalla messa in crisi dell’autoreferenzialità.
La rete è un bacino di contenuti che richiedono la validazione del docente per essere considerati educativi (come si è sempre fatto per i libri, d’altra parte); è possibilità di scambio e di conoscenza; è facilitatore per l’acquisizione di competenze e abilità. Di fronte a questo, il docente, così come il genitore, non può opporre rifiuto: è obbligo e responsabilità educativa abitare questi mezzi, creando con essi relazioni educative, trasmettendo input e significati perché i ragazzi li usino bene.
 
 
Paola Zampieri
 
 
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