Aquileia, ritorno e ripartenza

Aquileia, 14 giugno 2025. Le quattro facoltà ecclesiastiche nel Triveneto hanno celebrato insieme il Giubileo tornando alle origini della fede nella chiesa-madre che ha generato le chiese del Nord-Est. Cardinale Parolin: Tenere lo sguardo fisso su Gesù.

Si è svolto sabato 14 giugno ad Aquileia il pellegrinaggio giubilare delle facoltà ecclesiastiche presenti nel Triveneto: Facoltà teologica del Triveneto (sede e Istituti collegati in rete), Facoltà di diritto canonico San Pio X di Venezia, Istituto di Liturgia pastorale Santa Giustina di Padova e Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia.
Un’esperienza di preghiera e di spiritualità, di incontro e di festa a cui hanno partecipato circa 400 persone, fra studenti e studentesse, docenti e personale delle quattro istituzioni accademiche. La giornata, iniziata con l’ingresso in Basilica attraverso il Battistero e il rito del rinnovo delle promesse battesimali guidato dal vescovo di Gorizia mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, ha avuto il suo momento centrale nella celebrazione eucaristica presieduta da S.Em. card. Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, e concelebrata dai vescovi del Triveneto.

Tenere lo sguardo fisso su Gesù

Sguardi innocenti, pieni di stupore, di curiosità, di attesa: sono gli occhi dei compaesani di Gesù, fissi su di lui mentre parla in sinagoga all’inizio della sua predicazione: come vorremmo che la chiesa fosse così! Il cardinale Pietro Parolin nell’omelia ha commentato: «si realizzerebbe la splendida raccomandazione della Lettera agli ebrei, che invita a tenere lo sguardo fisso su Gesù, a non essere comunità piegata su se stessa né preoccupata di catturare l’attenzione del mondo». Ha poi citato alcune fra le prime parole di papa Leone XIV nella Cappella Sistina: «Un impegno irrinunciabile per chiunque nella chiesa eserciti un ministero di autorità è sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché lui sia conosciuto e glorificato».
«Tenere lo sguardo su Gesù è il compito primo della teologia – ha affermato –. A voi, che siete impegnati in questo ministero fondamentale per la vita della chiesa, è data la meravigliosa possibilità di rinnovare continuamente tale incanto contemplativo. In questo modo è possibile accogliere un ministero che va studiato e indagato con il rigore degli studi, certo, ma che va amato con la tenerezza degli affetti e va declinato con una passione autentica per l’umanità dolente di oggi. Mistero che ci viene donato in modo del tutto speciale nell’Eucaristia, per la quale va continuamente coltivato lo “stupore eucaristico”, da cui si impara a trasformare la parola proclamata in vita vissuta».
«Il convenire in questa basilica oggi da parte delle istituzioni accademiche, nell’attuale contesto socio-culturale – contrassegnato da una parte dalle crescenti sfide e opportunità e dall’altra dalle vicende dolorose della situazione mondiale – consegna il compito di far vedere che l’ “oggi” di Dio è possibile anche qui, in un continuo raccordo tra la Parola di Dio, la vita sacramentale della chiesa e la prassi concreta delle comunità cristiane dentro il contesto di società civili sempre più diversificate. Queste istituzioni accademiche vanno considerate come uno dei segni più belli della vitalità delle nostre chiese».
Al termine della messa il cardinale Parolin ha voluto sottolineare il clima «intenso, solenne e anche familiare» del momento celebrativo, aggiungendo una nota personale: «È commovente per me tornare qui, nel luogo da cui proviene anche la mia fede, che dà senso e sapore alla vita. Una fede che gratuitamente abbiamo ricevuto e che dobbiamo trasmettere alle nuove generazioni».
Leggi l’omelia del card. Pietro Parolin.

Un luogo che ha fatto la storia della chiesa

Il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, nel saluto all’inizio della celebrazione ha sottolineato la valenza del luogo: «Qui, nell’aula teodoriana su cui, più tardi, sarebbe stata edificata la grande basilica patriarcale nella quale ci troviamo, fu celebrato il Concilio che concluse, per l’Occidente latino, la lunga e complessa storia della messa a punto della dottrina della consustanzialità del Verbo, iniziata a Nicea 1700 anni fa. Tutto ciò rende vivo, attuale e imprescindibile il compito filosofico e teologico circa l’intelligenza della fede di cui tutte le nostre Facoltà, in modi differenti, si rendono interpreti».

Aquileia laboratorio di fede, ieri e oggi

Maurizio Girolami – preside della Facoltà teologica del Triveneto che quest’anno celebra i vent’anni della fondazione – nel suo intervento dal titolo “Aquileia: un ponte nel tempo”, ha evidenziato come tornare in questo luogo rappresenti un rimettersi nel cammino già compiuto da tanti fratelli e sorelle che ci hanno trasmesso la fede, in mezzo a difficoltà, discussioni e persecuzioni di ogni genere; è un riprendere in mano la bussola e riprendere la navigazione dentro il mare della storia. «Da Aquileia, e da ciò che essa rappresenta, possiamo cogliere tre aspetti per noi e per il compito che come teologi abbiamo nei confronti delle nostre chiese e della società civile» ha affermato. Innanzitutto, l’ubicazione geografica di Aquileia esprime la natura di un territorio di passaggio, di incontro di popoli e culture, quindi di ponte. In secondo luogo, nella città si creò un laboratorio di fede per il rinnovamento della vita ecclesiale, che ruotava «attorno alla fraternità come ideale di vita cristiana, concretamente vissuta nella preghiera, nello studio, nel servizio al popolo di Dio che trovava nella cattedrale il suo punto di riferimento». Altro aspetto è il servizio culturale: la traduzione dei testi greci per Rufino e della Bibbia per Girolamo fu il grande lascito al patrimonio della chiesa che trova le sue radici ad Aquileia; oltre al fatto che, proprio in questo scenario, Fortunaziano fu il primo commentatore latino dei quattro vangeli. «La fede chiede di essere pensata e il pensiero chiede il buon uso delle parole, cioè un buon uso della Parola di Dio che va conosciuta e amata; un buon uso delle parole ecclesiali, perché la Chiesa sia sempre visibilmente una, pur nella varietà delle sue espressioni di fede; un buon uso delle parole umane, perché possano fare sentire l’altro come fratello».
Leggi l’intervento integrale.

Una mistica degli occhi aperti

Marzia Ceschia, docente di teologia spirituale della Facoltà teologica del Triveneto, è intervenuta con la riflessione “Teologi alla scuola di Giona”, sottolineando alcune dimensioni espresse dalla figura del profeta che trova rappresentazione anche nei mosaici della Basilica. Innanzitutto, l’esigenza di non dare per scontata la nostra fede. «Essere teologi ci chiede di mantenere costantemente un atteggiamento di approfondimento e ricerca, di non chiuderci o rassicurarci in quello che riteniamo di aver capito, definito, strutturato. Come è inesauribile il mistero di Dio, inesauribile è il cammino della conoscenza umana e dell’esperienza di Lui». La teologia non è a servizio di un mondo ideale, ma del mondo come è, e richiede di non guardare a distanza la storia: «Ci è richiesta una “mistica degli occhi aperti”, in cui la fede e il ragionare sulla fede ci apra a un cammino solidale con l’invocazione di ogni uomo, di ogni donna, con la sua speranza e disperazione, soprattutto con l’anelito alla giustizia». Giona che fugge, che preferisce morire piuttosto che accettare la misericordia di Dio che sovverte i principi umani in cui il perdono entra a fatica, ci consegna «la possibilità di imparare, la disponibilità a cambiare idea, a lasciarci formare, a non presumere di rinchiudere Dio nei nostri schemi e parametri mentali, a lasciarci gettare nella vita della Chiesa e del mondo per essere provati su quel che pensiamo e sappiamo, mantenendo saldo questo criterio di discernimento: il Signore vuole salvezza». Giona insegna che il male da cui essere liberati è l’orgoglio di avere ragione. «È necessario assumere come impegno spirituale e come punto di verifica della propria passione per la Chiesa – ha concluso Ceschia – la grazia e la responsabilità dello studio della teologia: la storia stessa di Giona suggerisce che sapere Dio non è un processo soltanto intellettuale».
Leggi l’intervento integrale.

Mosaici di giustizia. Un libro raccoglie le voci teologiche del Triveneto

Il pellegrinaggio giubilare ad Aquileia delle facoltà ecclesiastiche nel Triveneto è stata l’occasione per raccogliere in un volume le voci teologiche del territorio, che hanno scelto di declinare il tema della giustizia, in particolare nell’ottica della giustizia riparativa. Mosaici di giustizia è il titolo della pubblicazione, edita da Triveneto Theology Press in formato cartaceo e digitale, consegnata a tutti i partecipanti e scaricabile gratuitamente in formato pdf a questo link.
«Il Giubileo è un invito a tutti i battezzati a farsi pellegrini per scoprire il dono della speranza che abita nei cuori di chi ha ricevuto il bene inestimabile della fede – scrive Maurizio Girolami –. La speranza cristiana, per essere concreta, chiede innanzitutto di ristabilire la giustizia, che si traduce nel rispetto della dignità di ogni persona e di ogni popolo, attraverso una equa distribuzione delle ricchezze e un impegno collettivo per la salvaguardia della nostra casa comune».
I contributi del libro, curato da Paola Zampieri, sette in tutto, percorrono gli ambiti biblico-teologico (Maurizio Girolami, Facoltà teologica del Triveneto), rituale-liturgico (Loris Della Pietra, Istituto di Liturgia pastorale Santa Giustina), spirituale (Marzia Ceschia, Facoltà teologica del Triveneto), del diritto canonico (Bruno Fabio Pighin, Facoltà di Diritto canonico San Pio X), pastorale (Assunta Steccanella, Facoltà teologica del Triveneto), ecumenico (Marco Dal Corso, Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino) e pedagogico (Davide Lago, Istituto superiore di Scienze religiose “Mons. Arnoldo Onisto”).

 

Paola Zampieri

 

L’evento e la pubblicazione sono stati realizzati con il contributo del Servizio nazionale per gli studi superiori di teologia e di scienze religiose della Conferenza episcopale italiana e di Banco BPM.

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