Percorsi di filosofia della pena

Gianfranco Maglio, nel suo nuovo lavoro, analizza le principali concezioni filosofiche (retributiva, emendativa, riparativa) che sono state elaborate, sottolineandone pregi e difetti, tra dottrine tradizionali e orizzonte personalistico.

Perché punire? In base a quale potere e per quali scopi? Domande antiche quanto le società umane, che nel tempo hanno ricevuto diverse risposte, sempre nel tentativo di attribuire un fondamento razionale all’attività punitiva, per legittimarla e non ridurla a semplice espressione di forza.
Gianfranco Maglio, ordinario di Filosofia della Facoltà teologica del Triveneto, nel libro Percorsi di filosofia della pena. Dottrine tradizionali e orizzonte personalistico (Cedam, € 26,00) analizza le principali concezioni filosofiche (retributiva, emendativa, riparativa) che sono state elaborate, ne sottolinea pregi e difetti sulla base di una profonda convinzione: la colpa, la responsabilità e la pena rappresentano aspetti fondamentali dell’esperienza morale di ogni uomo e al di fuori di tale contesto (che designa la vicenda storica, complessa e contraddittoria, della libertà umana) è molto difficile tentarne una comprensione.
Partendo da questa convinzione l’autore propone un approccio diverso: guardare alla pena e a tutto ciò che ruota attorno a essa sulla base di un’antropologia personalistica, anche valorizzando aspetti essenziali della riflessione teologica (pentimento, esigenza di perdono e di rappacificazione, misericordia). Da tale punto di vista emerge, nell’ontologia della pena, una fondamentale esigenza riaffermativa e ricostitutiva delle relazioni umane che, in ultima analisi, sembra costituirne il fondamento. In questo senso la pena è propriamente “segno di contraddizione”: evidenzia un’opposizione e un conflitto (in particolare fra il reo e la comunità sociale) ma, allo stesso tempo, ne segnala la necessità del superamento, auspica il recupero delle relazioni personali nell’ottica feconda della riconciliazione.

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