22 novembre 2018. Il quattordicesimo anno di vita della Facoltà teologica del Triveneto è stato inaugurato con la prolusione del teologo Christoph Theobald sj, docente al centre Sèvres di Parigi, intervenuto sul tema Dialogo e autorità tra società e chiesa (scarica il testo).
Il dies academicus si è aperto con gli interventi del vice gran cancelliere, il vescovo di Padova mons. Claudio Cipollla, e del gran cancelliere, il patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia (scarica il testo), cui ha fatto seguito la relazione del preside mons. Roberto Tommasi (scarica il testo).
Scarica gli audio mp3 degli interventi e le foto della giornata (clicca qui)
Clericalismo e autorità nella chiesa
Nella prolusione, il prof. Christoph Theobald si è soffermato sull’articolazione tra le molteplici scelte, le negoziazioni e i dialoghi che costituiscono la nostra vita quotidiana e il ruolo dell’autorità, o delle autorità, che al giorno d’oggi incontriamo nel terreno complesso del nostro vivere insieme. Partendo dal riferimento alle parole di papa Francesco nella lettera al popolo di Dio (agosto 2018), dove il pontefice parla della sofferenza vissuta da parte di innumerevoli vittime di abusi sessuali, il teologo gesuita ha evidenziato come
il clericalismo – «maniera deviata di concepire le autorità nella chiesa» – dia vita a «una scissione nel corpo ecclesiale, che incoraggia e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo».
In che modo allora è possibile un esercizio non clericale dell’autorità?
Il dialogo: provocazione per la coesione sociale ed ecclesiale
Strumento allo stesso tempo necessario e fragile, il dialogo è ciò che permette di giungere a un’intesa in seno alle società e alla chiesa, superando l’eterno combattimento degli interessi personali o di gruppo e la lotta tra poteri di fatto e di diritto.
Il dialogo spiega Theobald, è reso possibile quando si verifica «una specifica volontà e una rara capacità di “uscire da sé” per intendere realmente gli interessi e le attese altrui». Il vero dialogo implica una conversione radicale.
Si tratta di «una attitudine propriamente spirituale che attraversa le frontiere abituali tra la chiesa e la società». Ne consegue che
«l’adesione alla tradizione cristiana non è in alcun modo una garanzia né della volontà né della capacità di dialogare con l’altro (il Sinodo sulla famiglia e le turbolenze che stiamo attraversando ne sono una viva illustrazione). Inversamente, non si può attribuire alla mancanza di qualunque riferimento cristiano la sparizione automatica della capacità di “uscire da sé”, di vincere l’indifferenza, ovvero la propensione a imporre i propri interessi ingaggiando così un vero dialogo con gli altri».
Solamente un dialogo paziente permette, in quanto tale, di liberare e di sviluppare, all’interno delle nostre società iper-organizzate e burocratizzate, «un terreno del vivere insieme, che non è il frutto di una logica di efficacia o non deriva da una sofisticata retorica di persuasione, ma che è in grado di far accadere un incontro al livello delle nostre convinzioni più profonde».
Autorità e credibilità
Nel momento in cui la coesione sociale ed ecclesiale si lascia provocare dalla prospettiva del dialogo, l’esercizio dell’autorità subisce una trasformazione. «Nelle nostre società, dove il potere di diritto è indebolito e ogni sorta di potere di fatto, fondato sull’ascendente personale, rischia di imporsi e di essere ricercato da una parte della popolazione, – fa notare Theobald – la differenza che caratterizza ciò o colui che è autorevole è data dalla credibilità». Ai tre criteri classici della credibilità di un’autorità nel “dialogo sociale” – coerenza, capacità di empatia, riferimento all’altro da sé/assenza di autoreferenzialità – il teologo gesuita ne aggiunge un quarto, di carattere sapienziale – autolimitazione – e un quinto, di ordine profetico – vigilanza nei confronti degli esclusi dal dialogo.
«Gli abusi sessuali, commessi da alcuni membri del clero, e dissimulati da altri, che hanno un potere di fatto e un potere giuridico, – chiosa Theobald – conducono alla distruzione, attraverso i primi tre criteri, della credibilità dell’istituzione ecclesiale (che si sarebbe voluto proteggere) e della fiducia che in essa è riposta in quanto portatrice di una autorità libera nei confronti di se stessa. Il riconoscimento, da parte di papa Francesco e da parte di qualche vescovo, di questa situazione di estrema gravità, rappresenta un primo passo, necessario ma non sufficiente, al fine di attraversare questa crisi che durerà, senza dubbio, ancora. Dovranno essere compiuti altri passi in ordine al governo della chiesa».
Sinodalità e “autorità della fraternità”
Al cuore della crisi attuale si delinea il passo nuovo di papa Francesco, che è una riforma reale del governo ecclesiale. Tale revisione va intesa certamente in senso spirituale, «ma essa deve condurre verso una nuova figura del vivere insieme nella chiesa, figura che Francesco descrive con l’espressione “una chiesa interamente sinodale”».
Il ruolo dell’autorità ritrova un giusto spazio all’interno di una teologia dal dialogo, entro l’ambito dei cinque criteri sopra menzionati, che si distendono fra plausibilità etica (i primi due) e tradizione biblica e cristiana (i tre successivi).
Solo un sentimento reale e quasi-fisico di “fraternità” – sostiene Theobald – può rendere possibile un superamento della lotta sociale e dare accesso a un’intesa e una coesione, pur sempre fragile e provvisoria.
L’autorità si trasforma qui in «autorità della fraternità»; trasformazione che suppone una «autorità fraterna», capace di suscitare «per contagio», se così si può dire, l’evangelico sentimento di fraternità – o lo “spirito di fratellanza”, secondo l’art. 1 della Dichiarazione universale dei dritti dell’uomo – là dove le tormente della storia rischiano di ingoiarla.
Per una riforma del governo della chiesa
È proprio su questo piano che la chiesa può ancora “essere autorevole” all’interno delle nostre società laiche, «a condizione – precisa Theobald – che essa tiri tutte le conseguenze di ciò che in questo tempo è successo e che si impegni in una veritiera riforma del suo modo di governo. Essa può offrire l’immagine di una chiesa fraterna e dunque sinodale e deliberante. Essa può anche giocare il ruolo di una “rabdomante”, capace di scoprire, “come testimone”, lo spirito di fraternità all’opera all’interno dei nostri dialoghi quotidiani e presso gli esclusi delle nostre conversazioni».
L’orientamento del dialogo e dell’esercizio dell’autorità verso la “mistica della fraternità” (cf. Evangelii gaudium, n. 87) è precisamente l’apporto di papa Francesco sul modo di presenza della chiesa all’interno delle nostre società.
Paola Zampieri
foto di Cristiano Vanin