La scomparsa di Enrico Berti è motivo di cordoglio e di gratitudine anche per la redazione di Studia patavina, di cui Berti è stato per lunghi anni prezioso collaboratore. Nella cornice delle celebrazioni per gli 800 anni dell’Università di Padova, questo evento assume un significato particolare, collegato al rapporto tra l’Università, dove Berti è stato per quasi quarant’anni docente, e lo studium theologicum patavino che trovava espressione nella rivista.
Insieme ad altre figure di spicco come Pietro Nonis, Giuseppe Trentin, Ermanno Roberto Tura, Enrico Berti ha dato lustro alla rivista offrendo la sua eccezionale competenza.
Ricordo in particolare l’ultimo suo intervento, apparso nel n. 3/2009 di Studia patavina, dal titolo La persona nella filosofia di Antonio Rosmini, una breve nota per sostenere la tesi del fondamento metafisico della persona, che è già tale anche quando solo in potenza. Anche in quell’occasione, il “domandare tutto che è un tutto domandare” – espressione di Marino Gentile fatta propria da Berti nella sua interpretazione della metafisica come confutazione dell’assolutezza dell’esperienza – venne rigorosamente applicato all’indagine sui diritti della persona.
Nel dibattito, oggi molto acceso, sul tema dei diritti personali mancherà la voce sapiente di Berti, per il quale ben si addice ciò che Rosmini afferma proprio della persona: “un individuo sostanziale intelligente, in quanto contiene un principio attivo supremo, e incomunicabile”.
Stefano Didonè
direttore Studia patavina