L’etica negli ambiti di vita
Tre letture – teologica, filosofica, economica – sul tema dell’etica applicata.
Che cosa significa “applicare” l’etica? Sulla questione si sono confrontati un teologo, Antonio Autiero, un filosofo, Gian Luigi Brena, e un economista, Benedetto Gui.
Che cosa significa “applicare” l’etica? Se ne è discusso alla Facoltà Teologica del Triveneto, venerdì 8 ottobre 2010, durante un incontro che ha preso spunto dalla pubblicazione del libro L’etica negli ambiti di vita. Il volume, curato da Simone Morandini, raccoglie i materiali di riflessione e di approfondimento affrontati durante il primo Forum nazionale di etica applicata (Etica oggi, dove, come e perché) svoltosi il 23 ottobre
Il prof. Antonio Autiero dell’Università di Münster, ha aperto la sua riflessione evidenziando la differenza della formulazione linguistica della locuzione “ambiti di vita” sul fronte dell’etica teologica protestante e di quella cattolica. «Negli anni Sessanta – ha spiegato – in ambito protestante si è voluto riequilibrare all’interno dell’etica fra teologia sistematica dogmatica, forse ritenuta troppo astratta, ed etica teologica, per dare all’etica un posizionamento più concreto. Nel contesto della morale cattolica (che già dopo il Concilio di Trento si è costituita come qualcosa di autonomo rispetto alla teologia dogmatica), la locuzione “morale degli ambiti di vita” si adotta un po’ più tardi. È un passaggio che tocca l’aspetto esistenziale della vita dell’uomo come terreno applicativo di principi collocati nella teologia morale fondamentale». La vita e i soggetti vitali diventano quindi interessanti per il discorso etico: l’esistenza e l’esistente, l’uomo e il suo vissuto divengono il luogo del discorso etico. C’è un primato del vissuto da accogliere, leggere, interpretare, agire e modellare.
Questa ridefinizione dell’etica ha due conseguenze importanti. «La prima ci costringe a ripensare il tema della verità nel campo dell’etica – afferma Autiero – L’etica infatti, sotto la sfida del suo carattere applicativo, domanda di essere più attenti alle verità pratiche, che non sono di serie b, inferiori, ma in rapporto con le verità teoretiche, con la verità pensata in termini ontologici. Ciò assegna all’etica un carattere di penultimità, di non-definitività: essa non deve essere la prova del nove della tenuta di un credente, perché attiene all’ambito della vita». La seconda conseguenza dello spostamento verso l’etica applicata è sul piano del discorso morale e consiste nel contemperare argomentazione con dimostrazione.
Etica degli affari, etica agricola, etica informatica e delle comunicazioni… una grande ricchezza di ambiti come si può unificare? C’è un’unità possibile? È partito da questa domanda l’intervento del prof. Gian Luigi Brena dell’Istituto Aloisianum di Padova e docente di filosofia alla Facoltà Teologica. «C’è un’etica del bene, del dovere, dell’imperativo (di tradizione kantiana), della dignità, dei diritti umani: sono principi irrinunciabili che devono essere articolati fra loro e mantenuti in unità. Ci sono poi principi intermedi, ad esempio nella bioetica abbiamo l’autonomia (che tocca il malato), la beneficenza (per il medico, lo scienziato), la giustizia (riguarda tutti, la società in generale). Come tenerli insieme?». La tesi di padre Brena è che le etiche pratiche sono unificabili attraverso un dialogo che dia voce ai principi generali, alle specificità settoriali e ai singoli. «La pluralità delle dimensioni morali e degli ambiti di vita – afferma – devono convergere e far sì che anche i singoli casi possano far valere le loro ragioni. È un lavoro che va fatto dialogicamente perché non ci sono soluzioni che valgono una volta per sempre. Occorre dare priorità alle persone sulle esigenze settoriali e a questo scopo è utile l’equilibrio riflessivo: ammettere le ragioni degli altri e modificare le proprie in modo da adattarsi per trovare un equilibrio». Con un’attenzione fondamentale: «Non sia ricerca di consenso ma di una verità. Non basta infatti essere d’accordo per essere nella verità. Fare posto alle ragioni degli altri è elemento importante ma non sufficiente, così come il principio dialogico non è contrario alla ricerca della verità me le accomuna tutte».
Il prof. Benedetto Gui, docente alla Facoltà di economia dell’Università di Padova, ha aperto il suo intervento evidenziando la riluttanza del mondo dell’economia a parlare di etica in questo momento con una citazione di Bertrand Russel: “L’etica è l’arte di raccomandare agli altri i sacrifici richiesti a noi”. Più vicina al mondo economico appare oggi l’antropologia. «La recente letteratura sulla felicità lascia emergere che ciò che sembra contribuire maggiormente al benessere soggettivo sono i significati intrinseci di ciò che si fa, la qualità delle relazioni nell’ambiente di lavoro e familiare: è una piccola svolta antropologica che si sta affermando anche in economia ed è un dato di fatto che dice che la persona non si preoccupa principalmente di perseguire un interesse personale. E proprio la riscoperta della qualità delle relazioni come un bene è alla base del progetto dell’economia di comunione. Un esempio che è possibile comunicare e camminare con gli altri anche in ambito economico».
Paola Zampieri