Dopo la conclusione della seconda guerra mondiale e la disfatta della dittatura nazista, il pensatore italo-tedesco Romano Guardini prese la parola per alcuni interventi che si inseriscono in un momento delicatissimo per la Germania e per l’Europa tutta. La prima volta in assoluto in cui parlò dopo la guerra fu l’8 luglio 1945 a Memmingen, di fronte alla gioventù cattolica: come guida spirituale, le sue prime parole su ciò che era appena accaduto furono per i giovani monito ma anche incoraggiamento. Seguirono altre cinque conferenze in quell’anno. Questi scritti, quasi tutti inediti, sono raccolti nel volume 1945. Parole per un nuovo orientamento (Morcelliana Editrice), uscito nel 2022.
Il testo è stato tradotto e curato da Gloria Dell’Eva, filosofa e studiosa del pensiero moderno e contemporaneo, docente allo Studio teologico accademico di Bressanone. Sarà presentato giovedì 1 febbraio 2024 a Thiene (Auditorium “Fonato”, ore 20.45), nell’ambito dell’iniziativa “Le porte della memoria”; conduce Giulio Osto, docente della Facoltà teologica del Triveneto
Professoressa Dell’Eva, parliamo del libro e degli inediti che propone.
«Il libro contiene dei discorsi (né prediche religiose, né lezioni universitarie) che Guardini tenne di fronte alla gioventù di Memmingen e all’Università popolare di Ulma; il discorso in commemorazione della Rosa Bianca e quello che tenne all’università di Tubinga in occasione dell’inizio delle sue lezioni; due testi su come il nazionalsocialismo ha utilizzato in modo improprio e fazioso il linguaggio. I testi in Italia sono tutti inediti, a parte quello per la commemorazione della Rosa Bianca. Rispetto all’edizione tedesca è stato tolto il testo su “Il salvatore”, perché era già stato pubblicato singolarmente da Morcelliana».
Il 1945 è un anno spartiacque per la storia e anche per Guardini: in che modo la dittatura nazista e la guerra segnano la sua vita?
«Nel 1939 Guardini venne mandato in pensione anticipatamente e venne confiscato il Castello di Rothenfels, roccaforte del movimento giovanile Quickborn, di cui Guardini era mentore. Si ritira “in campagna” a Mooshausen in Algovia da un amico parroco (Josef Weiger) e si dedica alla scrittura. Ma il contatto con il pubblico, e in particolare con i giovani, gli mancavano».
Qual è il tratto principale individuato da Guardini nell’epoca nazista?
«Il tratto principale dei dodici anni in cui il Nazismo fu al governo fu, per Guardini, la menzogna che venne diffusa ovunque. L’uomo ideale del Nazionalsocialismo, come l’oltre-uomo di Nietzsche, non si chiede più se qualcosa è vero o è etico, ma se qualcosa gli serve per raggiungere il successo. Pur di riuscire nella sua vita, l’uomo nazionalsocialista è disposto a tutto. La menzogna è diventata onnipresente e caratterizza i rapporti interumani a tutti i livelli. Guardini definisce la menzogna, come allontanamento della verità, “malattia dello spirito”. La menzogna, però, distrugge la fiducia reciproca tra gli uomini e manipola la lingua in modo tale, che essa si fa portavoce della violenza che caratterizza la visione del mondo nazista».
E da dove ritiene sia necessario ripartire?
«Dalla ricostruzione dello spirito, dalla ricerca, soprattutto da parte dei giovani, della verità e del giusto e dalla presa di responsabilità per ciò che è successo. Cristo deve essere il modello in questa ricerca di verità e giustizia».
La prima volta in cui Guardini parlò dopo la guerra fu l’8 luglio 1945 a Memmingen, di fronte alla gioventù cattolica: quale monito lanciò ai giovani su ciò che era appena avvenuto? E come invece li incoraggiò?
«Mise loro in guardia di fronte alla menzogna, che era diventata un atteggiamento onnipresente sia nelle falsità che venivano diffuse dalla propaganda nazista sull’imminente vittoria della guerra e sulla potenza del Terzo Reich sia nei rapporti interumani comuni. Li incoraggiò a cercare giustizia e verità, leggendo questi due capisaldi della vita umana in chiave cristiana: quando gli uomini aspirano al Regno di Dio, essi cercano verità e giustizia».
Oggi, con diverse guerre in corso (Russia-Ucraina, Israele-Palestina, solo per citare quelle di cui i media danno maggiori notizie), che cosa ci dice la riflessione di Guardini, qual è la lezione che possiamo trarre dal suo pensiero e in particolare da questi scritti?
«Una lezione di opposizione e resistenza alla visione del mondo dominante e di lotta silenziosa contro di essa, in nome della pace. Inoltre, Guardini ci insegna a utilizzare la consapevolezza e la memoria del passato per guardare avanti e per non ripetere gli stessi errori. Guardini incita alla costruzione di rapporti pacifici, non-violenti tra gli uomini. L’educazione della gioventù, la cura della visione del mondo giusta e veritiera che si va sviluppando in essa, ha un ruolo di centrale importanza per il raggiungimento di questo scopo».
Paola Zampieri