Etica ecumenica, cantiere aperto

È possibile orientarsi verso un’etica in orizzonte ecumenico? Nell'ultima tappa del cammino di riflessione del ciclo “Dove va la morale?” si sono confrontati Simone Morandini (Fondazione Lanza e vicepreside dell’Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia) e don Cristiano Bettega (direttore dell’Ufficio ecumenismo della Cei).

È possibile orientarsi verso un’etica in orizzonte ecumenico? È partita da questa domanda l’ultima tappa del cammino di riflessione proposto da Facoltà teologica del Triveneto e Fondazione Lanza a Padova nel ciclo “Dove va la morale?”. A confrontarsi su questa prospettiva, l’1 febbraio 2018, sono stati Simone Morandini (Fondazione Lanza e vicepreside dell’Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia) e don Cristiano Bettega (direttore dell’Ufficio ecumenismo della Cei). Scarica i file audio degli interventi.

Simone Morandini: un’ecumene morale orientata all’unità nella diversità

Bioetica, inizio e fine vita, affettività e identità di genere, gli ambiti legati all’etica della persona e delle relazioni interpersonali – forse più dell’etica sociale – sono i campi etici in cui maggiormente pesano le differenti precomprensioni antropologiche e le diverse accentuazioni nella lettura del rapporto fra legge morale e coscienza individuale nelle differenti tradizioni cristiane; sono gli spazi in cui si oscilla dalla controversia al confronto al dialogo – ha osservato Simone Morandini sintetizzando il percorso fin qui fatto nei precedenti dialoghi con le etiche evangelica (leggi la sintesi), evangelicale (sintesi) e ortodossa (sintesi).

Oggi però il dibattito ecumenico – ha affermato – registra un passaggio irreversibile: un consenso crescente sul tema della giustificazione, su una lettura dell’umana esistenza nel segno della grazia e del dono, come fattori che precedono e fondano l’agire umano; anche se ciò non comporta l’affermazione autoritaria di un unico linguaggio possibile per parlarne. In questo contesto, favorito dalla Dichiarazione congiunta siglata nel 1999 da cattolici e luterani e dal pontificato di papa Francesco, è maturata anche una convergenza su «una comprensione dell’etica come risposta grata e obbediente all’agire di Dio che salva e giustifica; dell’etica, quindi, come realtà teologicamente seconda rispetto all’agire divino».

«L’etica non è cioè elemento primario nell’annuncio cristiano, che dice invece in primo luogo dell’accoglienza radicale dell’umano – proprio anche nel suo essere peccatore – da parte del Padre di Gesù Cristo, della sua giustificazione da parte del Dio di misericordia. È importante valorizzare tale sottolineatura nel dialogo – ha ribadito Morandini – evitando di sopravvalutare teologicamente le pur reali differenze esistenti tra le chiese in campo morale: la gerarchia delle verità richiamata dai padri conciliari in Unitatis redintegratio n. 11 ha una sua rilevanza anche in quest’ambito».

Seconda, l’etica non è per questo secondaria: la chiesa è anche comunità di formazione morale per le esistenze dei credenti. «La ricerca morale cattolica, dal Vaticano II in poi, – osserva Morandini – ha gradualmente superato una visione centrata sul primato unilateralmente assegnato alla nozione di legge, a favore di una più attenta al progressivo dispiegarsi dell’esperienza credente vissuta alla sequela del Signore e nella luce dello Spirito». Nel pensiero di papa Francesco è centrale la sottolineatura della misericordia come nocciolo di ogni etica (cf. Misericordiae vultus, Misericordia et misera, Evangelii gaudium); così come sono significativi i richiami ecumenici, i temi della responsabilità e della cura, la relazionalità e la componente eco-sociale (Laudato si’), il discernimento e il bene possibile entro i percorsi affettivi (Amoris laetitia); e ancora le questioni di bioetica e l’etica pubblica (Discorso al Comitato di bioetica, 28 gennaio 2016).

«Ciò che caratterizza il nostro tempo appare quindi la possibilità di una convergenza delle diverse confessioni cristiane su ciò che è davvero essenziale in ambito morale, pur nel permanere di significative differenze di accento. In questa direzione – conclude Morandini – dovrebbe guardare un serio dialogo ecumenico sulle questioni morali, riconoscendo i tanti legittimi nomi che può assumere quel nocciolo del messaggio cristiano che è la carità, l’istanza di cura dell’altro; ricercando assieme le vie per meglio corrispondere all’altezza della vocazione in Cristo, pur sapendo che diverse potranno essere le risposte perché diverse e numerose sono le mediazioni in tale processo di ricerca e, d’altra parte, senza perdere alcune specificità che le tradizioni cristiane custodiscono».

Cristiano Bettega: verso una voce unica della cristianità?

Tra le chiese – e anche all’interno di ciascuna chiesa – è in atto una sorta di «dissenso reale» su temi etici, molto profondo: è un’alternanza di unione e divisione che attraversa le chiese. A momenti di profonda comunione, come la preghiera condivisa o gli approfondimenti di studio per i 500 anni della Riforma protestante, – esemplifica don Cristiano Bettega – si oppongono differenze in tema di ordinazione delle donne (nelle chiese legate alla Riforma e in quella anglicana), nella posizione pro o contro l’ecumenismo (per gli ortodossi), nella distanza fra la posizione ufficiale di apertura verso profughi e migranti e ciò che molta gente, anche praticante, pensa realmente (fra i cattolici). Una realtà comune, paradossalmente, è la sfida, che investe tutta l’Europa occidentale, di doversi confrontare con una cultura nella quale a ogni religione viene riconosciuto un valore nella sfera privata, che però non trova nessuno spazio nella vita pubblica.

«In un’ottica di ecumenismo, e anche “solo” di coerenza pastorale – osserva Bettega – occorre tenere conto che non è automatico e scontato che la gente cristiana, che pure si identifica in una chiesa, segua con così grande fervore ciò che gli organismi di governo pastorale decidono e propongono». Per una chiesa improntata alla sinodalità (come già chiedeva il Vaticano II) e quindi alla cattolicità, c’è la necessità di ascoltare realmente la vox populi (lo si sta fecendo, ad esempio, per il Sinodo dei giovani). E c’è la necessità di rendersi conto che oggi i cristiani sono una minoranza: «È questa una realtà da accogliere come dono, cioè come occasione di diventare ciò che siamo chiamati a essere, “sale della terra e luce del mondo”, ossia voce critica».

Se indubbiamente è necessario cercare di essere «in-culturati», quindi inseriti nella società in cui viviamo e stare al passo con essa, dall’altra parte è «assolutamente necessario essere “contro-culturali”, cioè saper sfidare la società e mettere in dubbio le sue convinzioni, aiutare l’uomo a rileggere le proprie scelte alla luce del vangelo, che noi crediamo essere un valore più alto e universale. Saper mettere in dubbio i valori della società civile fa parte della vocazione cristiana da sempre; è chiaro però che non ha più senso (se mai lo ha avuto) farlo ciascuno per conto proprio: più lo faremo insieme e più lo faremo anche tra noi, reciprocamente, anche sulle questioni etiche, più tutto questo sarà credibile».

Ciò che va promosso e cercato sono i «frutti di vangelo», cercando percorsi comuni tra le chiese, anche in campo etico, su ciò che è fondamentale, nella consapevolezza che non tutto è fondamentale e quindi non tutto dev’essere comune. «La comunione verso cui siamo incamminati sarà per forza di cose parziale, imperfetta (una comunione perfetta non è mai esistita né mai esisterà nella dimensione terrena) – commenta Bettega –. Il vangelo, da cui derivano in definitiva tutte le posizioni diverse fra le chiese, va continuamente tradotto nel linguaggio della gente e la sfida ecumenica sarà quella di tener conto di una comunità cristiana multi-confessionale ma pure multi-culturale, anche all’interno di ciascuna chiesa».

La fatica del cercare è nel dna dei credenti, perennemente in uno stato di ricerca perché la verità è, in definitiva, una via, un cammino. Fondamentale è allora portare avanti, con fatica e impegno, con volontà e disponibilità, – ha concluso Bettega – uno studio serio e dettagliato sulle reali possibilità di incontro ecumenico. Gli ambiti che, forse più di altri, oggi stimolano i cristiani a rispondere con voce unica sono: il dialogo contro la paura (del migrante, della destabilizzazione, della crisi…), a partire dalla comune fede nella resurrezione di Cristo; il campo urgente e vasto della salvaguardia del creato; il dialogo missionario anche sull’etica, di ogni chiesa verso se stessa oltre che verso le altre.

Paola Zampieri

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