Futuro della creazione

Promessa, speranza, possibilità, prassi responsabili, resilienza… sono alcune parole-chiave emerse negli interventi di Simone Morandini e Riccardo Battocchio nel primo appuntamento del ciclo di conferenze “Cosa possiamo sperare? Tra scienza e fede: futuro, oltre i limiti”.

Padova, 2 febbraio 2023. Il futuro della creazione è il tema che ha aperto il ciclo di conferenze Cosa possiamo sperare? Tra scienza e fede: futuro, oltre i limiti promosso dalla Facoltà teologica del Triveneto in collaborazione con Università di Padova e Fondazione Lanza. Sono intervenuti Riccardo Battocchio (Pontificia Università Gregoriana e presidente Associazione teologica italiana) e Simone Morandini (Fondazione Lanza), ha moderato Piero Benvenuti (Università di Padova).

Allenare uno sguardo resiliente

È un viaggio nella speranza che esce dalle pagine bibliche quello proposto da Simone Morandini, sulla scorta di teologi quali Moltmann, Metz, Molari e documenti quali Gaudiumet spes, Pacem in terris, Laudato si’: una fenomenologia basica della speranza.
«La Bibbia è soprattutto una grande narrazione di speranza – esordisce – sempre rilanciata al di là delle parziali realizzazioni della promessa e dei fallimenti». Dalle pagine bibliche emerge il volto di un Dio che non è certo garante di un ordine precostituito, ma piuttosto costituisce un orizzonte di possibilità aperte; il mondo è posto nelle mani di un creatore ricco d’amore. «Nelle scritture ebraico-cristiane la speranza appare come idea forte, gridata. La speranza di Giobbe è frutto di una lotta, è una speranza nonostante e – aggiunge – è profondamente radicata nella croce: la morte di Cristo non prevale, non rimane senza futuro». C’è una dimensione paradossale, antinomica, della speranza biblica, che è anche una dimensione aperta, perché offre indicazioni per camminare, ma il cammino – sottolinea – va trovato.
Una speranza non ingenua è anima e motore di una prassi responsabile, che mira a custodire una terra abitabile. Guerra e minaccia nucleare, mutamenti climatici… la fede tradotta in speranza ci aiuta a vivere in modo salvifico anche il negativo e allena uno sguardo resiliente; la speranza militante si invera in una prassi in essa consonante. «Ma nella scala del cosmo la speranza militante vale poco – evidenzia – perché è evidente lo scarto fra la speranza storica e gli scenari per il futuro del cosmo». L’alterità dei linguaggi – diversi ma correlati – fra scienza e teologia ci porta a capire che Dio non è l’alternativa all’evoluzione biologica e al Big-bang. «Dio opera entro e attraverso, – conclude – per costruire spazi di bene abitati, di bene possibile. La via di Dio è possibilità di sentirsi accompagnati nel cammino. Speranza è la robustezza e l’energia del nostro camminare».

Guardare la creazione dal futuro

Nei discorsi sul futuro ispirati alla fede cristiana è soltanto negli anni Ottanta del Novecento che inizia a farsi strada una sensibilità cosmica. Parte da qui il discorso di Riccardo Battocchio su futuro della creazione e futuro del cosmo, che – precisa subito – «non sono concetti sovrapponibili, ma rinviano a due modi distinti, non alternativi, di guardare la realtà; possono e devono dialogare fra loro, rispettando l’uno il metodo e le premesse dell’altro».
C’è il mondo, il cosmo, l’universo e “altro” da essi; questa alterità può essere detta in molti modi: Dio, Creatore, Padre, Logos, Verbo, Spirito, principio, trascendenza…; sono due livelli della realtà. «Se il futuro del cosmo è aperto, il futuro del mondo in quanto creato è pure esso aperto – spiega – ma è accompagnato da una parola che ne interpreta e rivela il senso: la promessa. La speranza vive in forza di una promessa, la promessa realizzata che è Cristo». La promessa ha un potere trasformante; un potere reale, che dipende dall’affidabilità di chi la compie.
«Il futuro della creazione è fondato su una promessa e quindi non è ciò che viene dopo, ma ciò da cui viene la creazione, – continua – per questo occorre una conversione nel pensare il rapporto fra passato e futuro. Nell’ebraico il futuro è ciò che sta dietro, perché non lo si conosce; il passato è noto, quindi sta davanti. È paradossale per noi, ma è interessante pensare al futuro come ciò che ci sta alle spalle e che ci spinge avanti». La provvisorietà del mondo e delle strutture che lo reggono non è motivo per sottrarsi all’azione e all’assunzione di responsabilità: non si può pensare il destino del mondo estraneo alle azioni dell’uomo. «Potremmo parlare di “escatoprassi”, cioè di una prassi coerente con la promessa, con la speranza, con il futuro della creazione. Guardare al futuro della creazione – conclude Battocchio – è guardare la creazione dal futuro».

Paola Zampieri

È possibile scaricare il video dell’incontro e i materiali messi a disposizione dai relatori.

Il programma delle conferenze.

Il volantino.

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