Si è conclusa con successo la settima edizione del corso Ai confini dell’infinito? Un dialogo interdisciplinare promosso da Facoltà teologica del Triveneto e Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova, con il patrocinio del Miur, che ha coinvolto oltre settanta insegnanti delle scuole venete di ogni ordine e grado.
Gli ultimi due incontri, il 23 e il 30 marzo a Padova, hanno affrontato i temi della “Teoria del tutto” e del bosone di Higgs e la fisica quantistica.
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È possibile costruire una teoria che unifichi il modello standard delle particelle con il modello standard dell’universo? Era questa la domanda posta all’inizio dell’intervento di Giulio Peruzzi, docente di Storia della fisica all’Università di Padova. «I due modelli già si parlano – ha spiegato il fisico – e gettano luce e problemi l’uno sull’altro. La strada più promettente in questo senso è la teoria di stringa, ma le congetture sono l’unica via di cui disponiamo, perché per sperimentare questa teoria servirebbero macchine che non sappiamo neanche se saranno mai inventate». In questa teoria l’universo è finito o infinito? Non possiamo dirlo. Universo o multiverso? Cosa c’era prima del big-bang? Non lo sappiamo. «Ci sono scienziati – ha concluso Peruzzi – che ritengono che non ci sarà mai una “teoria del tutto”: arriviamo a un certo livello e poi scopriamo che ce n’è un altro… Ciò significa che le domande restano sempre aperte».
Nell’approccio filosofico alla possibilità di raggiungere un sistema di riferimento universale, Paolo Vidali, docente di Filosofia della natura alla Facoltà teologica del Triveneto, ha subito evidenziato che la realtà è costantemente trasformata dal nostro interagire con essa, «e questo oggi è riconosciuto anche dalla fisica, ma le scienze sociali lo hanno sempre affermato». E ha provocato: perché c’è bisogno di trovare una teoria unificante? perché non accettare che ci siano più descrizioni fisiche diverse che non collimeranno mai? I nostri sistemi linguistici, le narrazioni, le filosofie non sono forse diverse? «Ogni descrizione esiste entro un determinato e finito sistema di riferimento. Quindi non esiste un punto di riferimento assoluto. Avere cultura significa avere più incertezze, più possibilità aperte». Che cosa resta dunque della “teoria del tutto”? «Un lento ma insostituibile lavoro di traduzione tra descrizioni entro teorie e punti di vista, dove la verità diventa la conquista di questa coerenza interna alle nostre descrizioni. Una grande lezione – ha concluso Vidali – non solo epistemologica, ma etica».
Il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston e Simone Morandini docente della Facoltà teologica del Triveneto si sono confrontati sulla scoperta e sul significato, dal punto di vista scientifico e da quello teologico, del bosone di Higgs.
Tutto è partito dalla domanda: che cos’è il mondo, di che cosa è fatto? Ha esordito Roberto Battiston, che ha condotto il pubblico in un affascinante viaggio sullo sviluppo della conoscenza da Aristotele alle più recenti acquisizioni della fisica quantistica. Dai quattro elementi (acqua, aria, terra, fuoco) osservati dallo Stagirita come componenti della materia alle particelle indivisibili (atomi) concepite da Democrito, che per duemila anni dominarono la conoscenza, fino a John Dalton che nell’Ottocento comprese che quello che si osserva macroscopicamente è dovuto a qualcosa che si realizza al livello elementare delle particelle di cui è formata la materia: «Teniamo presente che all’epoca non c’erano a disposizione strumenti per osservare all’interno la materia – ha sottolineato Battiston – e ciò testimonia la straordinaria forza del pensiero umano, che è riuscito a catalogare la materia».
Categorizzando le proprietà della chimica che legano gli elementi, il russo Mendeleev ordinò in una tavola periodica gli elementi simili e, pochi anni dopo, Ernest Rutherford e Niels Bohr scoprirono gli atomi: tutto ciò che ci circonda apparve formato da un modello semplice, un agglomerato di protoni, elettroni e neutroni. Dagli anni Trenta del Novecento fu un susseguirsi di scoperte che portarono l’uomo a capire che all’interno del nucleo atomico ci sono centinaia di particelle ancora più elementari (neutrini, muoni, tauoni, quark…) che oggi sono il campo di studio della scienza contemporanea. Una data fondamentale in questo viaggio è il 4 luglio 2012 quando è stata sperimentata l’esistenza del bosone di Higgs, che porta il nome del fisico che nel 1964 ebbe l’intuizione di questa particella che pervade l’universo.
«Da Aristotele a oggi – ha commentato Battiston – siamo riusciti a capire qualcosa della materia di cui è fatto il 5 per cento dell’universo; del restante 95 per cento sappiamo solo che è composto di qualcosa di diverso. La meccanica quantistica ci dice che se la realtà non è osservata non esiste; la fisica contemporanea ci dice che nell’infinitamente piccolo la realtà non esiste se non quando è osservata. Questo richiama la scienza e gli scienziati a una grande umiltà».
Le scoperte scientifiche sono certamente delle provocazioni per i teologi, che sono chiamati a misurarsi con queste espressioni dell’interrogare la natura da parte dell’uomo. In particolare la cosiddetta “particella di Dio”, come è stato definito il bosone di Higgs, poiché è particella che conferisce massa, architrave del modello standard dell’universo, «diventa stimolo per pensare il mondo in modo dinamico e interconnesso» ha evidenziato il docente di Teologia della creazione Simone Morandini. La teologia deve misurarsi con il dire l’indicibile e la “God particle” offre al teologo alcune metafore. «Innanzitutto – ha proseguito – quella di una lunga, inesausta ricerca: confidare di giungere a cogliere qualcosa che al presente non è osservato non è diverso dalla tensione del credente. L’idea di conferire consistenza al reale può richiamare il “dare l’essere” con cui Tommaso presenta la dimensione creativa di Dio; ma l’infinità di cui parla il teologo poi esprime la sovrabbondanza di un amore e l’oggetto-Dio va al di là della metafora».
La teologia parla di «un Dio non necessario per il discorso scientifico, ma non contraddittorio rispetto a esso, che crea agendo nel segreto, entro e attraverso quelle dinamiche che la scienza indaga in modo così efficace; che è aldilà dell’ordine della necessità ed è piuttosto libera gratuità». Bisogna continuare a cercare nuove parole per comprendere, per dire Dio, come del resto deve fare la scienza per il proprio campo d’azione.
«Il bosone di Higgs – ha concluso Morandini – è “una” particella di Dio non “la” particella-Dio che possa aprirci la chiave del reale».
Paola Zampieri