È in uscita il libro Rigenerare la parrocchia. Verso una conversione missionaria, curato da Rolando Covi e Andrea Pozzobon, pubblicato nella collana Sophia della Facoltà teologica del Triveneto. Il testo nasce dal laboratorio teologico pastorale promosso a partire dal 2020 dall’Istituto superiore di Scienze religiose “San Pietro martire” di Verona e sostenuto dalla Facoltà teologica del Triveneto, condotto da un’equipe coordinata da Enzo Biemmi e composta da laici, laiche, religiose, presbiteri appartenenti alle diocesi del Triveneto.
Il libro e il progetto saranno presentati giovedì 5 dicembre 2024. Info qui.
La domanda sul futuro della parrocchia è inevitabile. L’istituzione parrocchiale vive una forte situazione di crisi. Le chiese si svuotano; sono drasticamente diminuiti non solo i preti, ma anche i fedeli; diventa sempre più complesso gestire le strutture parrocchiali; il linguaggio della comunicazione della fede fatica a raggiungere le persone, soprattutto i giovani.
Siamo chiamati a prendere atto della “fine della civiltà parrocchiale” (Christoph Theobald), cioè dell’identificazione di un territorio con il campanile e di questo con il parroco.
La fine della “civiltà parrocchiale” è anche la fine del modello parrocchia? Molti lo pensano.
Papa Francesco sostiene che «la parrocchia non è una struttura caduca» e che può continuare «a essere la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie» (EG 28). Il motivo non è solo e tanto pratico, riferito cioè al fatto che per molte persone in Italia la parrocchia continua a essere un riferimento. C’è una ragione teologica che fonda la “necessità della parrocchia”. Essa ha a che fare con un aspetto irrinunciabile del vangelo. La parrocchia è la ‘casa di tutti’ che garantisce l’accesso al vangelo senza condizioni, il diritto di appartenenza senza elitarismi e senza preclusioni settarie. Essa è ‘il privilegio dei poveri’.
Lo stesso papa Francesco, però, pone una condizione: che essa operi una coraggiosa “conversione missionaria”. «Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa…» (EG 27). In questa conversione sono due le coordinate irrinunciabili: rendere disponibile a tutti la grazia del vangelo senza porre impedimenti (la chiesa non è una dogana), manifestare la prossimità di Dio nei riguardi di tutti, soprattutto per chi è più colpito dalla vita.
Ci possiamo chiedere se la parrocchia è in grado di passare da un’agenzia di servizi religiosi a una comunità missionaria. È sufficiente che essa torni a essere quello che era all’inizio: una “ecclesia paroikusa”. Il cammino da fare, anche grazie alla spogliazione in atto, è quello che essa torni a essere una minoranza evangelica in un determinato contesto culturale e territoriale.
È utile sostituire il termine “parrocchia missionaria” con quello di “comunità ecclesiale generativa”. Il termine “generativa” evita un rischio: quello di pensare che, preso atto della fine di un modello, si tratti di elaborarne un altro. Generatività non implica un nuovo modello di parrocchia, ma l’attitudine pastorale a promuovere vita, anche solo qualche piccolo germe. Ci sta davanti un lungo tempo nel quale il modello precedente si sgretolerà ulteriormente e non avremo un modello sicuro di presenza del cristianesimo nei territori antropologici e geografici. Rinunciare a nuovi modelli e generare vita nella fragilità e nella debolezza è la via per la rigenerazione del cristianesimo. Genera vita ricentrare la comunità sull’ascolto e la condivisione della Parola; riqualificare in senso evangelico le relazioni interne alla comunità; allargare i ministeri battesimali, ripensando il ministero del presbitero; creare spazio e dare fiducia ai giovani. L’elenco può continuare: tutto ciò che nutre la fede elementare delle persone e la fede discepolare è missionario.
Enzo Biemmi
docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Pietro martire” di Verona
coordinatore dell’equipe di lavoro del progetto “Parrocchia del Triveneto”