2011 – fascicolo 2

STUDIA PATAVINA

Anno LVIII – n. 2 Maggio-Agosto 2011

 

 

 

Articolo

 

R. Tamanti

Sulla morale autonoma: per riprendere il dibattito ►

 

Ricerche

 

C. Leonardi

Modelli interpretativi della tradizione: «teologia fondamentale» ed «etica delle virtù». Un confronto con A. McIntyre ►

 

G. Tomasi

Cristo come maxima ratio del mondo in Leibniz

 

Problemi e discussioni

 

C. Saccone

L’anima nell’islam: dalla psicologia antico-iranica a quella del sufismo di Najm al-din Kubra (XII sec.) ►

 

Note

 

V. Limone

La notte delle madri. L’abisso del Padre: Schelling ed Origene

 

M. Fiasconaro

Per una cristologia «dal basso»: una proposta

 

C. Broccardo

I Vangeli sinottici. Rassegna bibliografica

 

Recensioni, schede e segnalazioni bibliografiche

 

Libri ricevuti

 


 

 

Roberto Tamanti

 

Sulla morale autonoma: per riprendere il dibattito

L’articolo si propone di riavviare la discussione attorno alla disputa «morale autonoma – etica della fede», che aveva suscitato tanto interesse tra i teologi moralisti nei primi decenni post-conciliari, per poi venire quasi messa da parte. È opinione dell’autore che sia opportuna per la teologia morale fondamentale una ripresa del tema, a motivo del suo indubbio interesse teorico ed anche per le ricadute che esso può avere nella vita dei cristiani, come singoli e come comunità. Dopo una presentazione sintetica delle posizioni note come «morale autonoma» ed «etica della fede» e del contributo offerto da Veritatis splendor, l’autore fa la sua proposta, suggerendo alcune piste per la riflessione, da sviluppare ulteriormente.

 

The article aims to restart the discussion about the «autonomous moralityethics of faith», which had aroused much interest among moral theologians in the early postConciliar decades, and was then almost set aside. The author retains that re-considering such topic is appropriate for fundamental moral theology because of its undoubted theoretical interest and also by the impact that it may have in the lives of Christians, as individuals as well as community. After a brief presentation of the positions known as «autonomous morality» and «ethics of faith» and the contribution of Veritatis Splendor, the author develops his thoughts, suggesting some reflection paths for further development.

 

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Carlo Leonardi

 

Modelli interpretativi della tradizione: «teologia fondamentale» ed «etica delle virtù». Un confronto con A. MacIntyre

«Tradizione» non è un termine di esclusiva pertinenza teologica, poiché designa un fenomeno umano e sociale, che, in quanto tale, è oggetto di studio di diverse discipline: filosofia, sociologia, diritto etc. Il presente saggio intende analizzare i principali modelli interpretativi della tradizione – affermatisi nell’ambito della teologia fondamentale alla luce del Concilio Vaticano II – e porli a confronto con quelli elaborati in parallelo dalla filosofia del XX secolo, con particolare riguardo all’opera di A. MacIntyre. Il termine «tradizione» – egli afferma – è spesso confuso con quello di ideologia, dogmatismo, costrizione della coscienza, mentre, al contrario, letteralmente conscientia significa pensare con, e il con deve riferirsi ad una comunità o tradizione di ricerca morale. Allo stesso modo, infatti, la «tradizione» di fede, pensiero ed etica cristiana (lato sensu ecclesiale!), nacque da un evento fondatore unico e irripetibile: la prassi di vita inaugurata da Gesú Cristo; crebbe lungo l’arco dei secoli, attraversando crisi epistemologiche successive – di cui la «prova greca», ovvero l’essere giudicato in base ai correnti criteri di razionalità filosofica, fu senz’altro la prima -; finché il pensiero cristiano si consolidò in quello che tutt’oggi può essere considerato il suo mainstream, vale a dire la «tradizione aristotelico-tomista». L’avvincente interpretazione che suggerisce MacIntyre è che tale «superamento» del pensiero greco da parte della «tradizione cristiana» non avvenne solo a prezzo di una discutibile ellenizzazione della propria dogmatica, bensì mediante un’originale riformulazione dell’etica delle virtù aristotelica.

 

«Tradition» is not a term of exclusive theological use, in so far as it is employed to name a complex human and social phenomenon, which necessarily requires a multidisciplinary approach in order to be properly understood. This essay is intended to illustrate the most prominent interpretative schemas of «christian tradition» – adopted by fundamental theology scholars in accordance to Second Vatican Council achievements –, as well as to confront them with parallel interpretative efforts which have been undertaken in philosophical domain during XX century, wherein primary mention needs to be addressed to A. MacIntyre’s work. «Tradition» – according to him – is a term which is often erroneously matched with ideology, dogmatism or, worse, coercion of conscience; on the contrary, he never omits to remind that conscientia literally means to think from within a community and a tradition of moral enquiry. So, even «christian tradition» – in MacIntyre’s view – originated from a unique and unrepeatable foundational event: a praxis of new life inaugurated by Jesus Christ and communicated to his disciples; grew up to the extent that it successfully overthrew huge epistemological crises – due to confrontation with concurrent traditions of thought such as greek philosophy – and finally consolidated itself in what can still be regarded as its mainstream, that is «aristotelian-thomist tradition». Singularly enough, MacIntyre’s underpinning assumption is that such an improvement over greek ways of life and thought was accomplished by christianity not only at cost of a controversial hellenization of its doctrine, but mainly through the preservation of a revised form of aristotelian virtue ethics.

 

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Gabriele Tomasi

 

Cristo come maxima ratio del mondo in Leibniz

Nel § 49 del Causa Dei (1710) Leibniz sostiene che Cristo è la principale ragione della scelta divina del mondo esistente. Il saggio propone un’interpretazione di tale tesi alla luce dei suoi antecedenti nella teodicea di Malebranche e nella «scolastica barocca», mostrando come essa risponda all’esigenza metafisica di una finalità nella ragione ultima delle cose: Cristo è concepito da Leibniz come parte di ciò che costituisce la bontà intrinseca del mondo scelto da Dio, l’opera in cui l’universo, come tutto di natura e sopranatura, raggiunge il proprio compimento. Nella parte conclusiva del saggio è brevemente sviluppata l’analogia suggerita da Leibniz tra la comprensione di una rappresentazione anamorfica e quella delle «imperfezioni» del mondo creato.

 

In § 49 of Causa Dei (1710), Leibniz argues that Christ is the main reason why God choose the actual world among many possible worlds. In this essay, Leibniz’ thesis is interpreted with reference to its antecedents in Malebranche’s theodicy and in the Barockscholastik. It is shown how the thesis relates to the metaphysical quest for a purposiveness in the final reason for the existence of things: Leibniz conceives of Christ as part of what constitutes the intrinsic goodness of the world chosen by God, the piece of work in which the Universe – qua whole of Nature and Super-Natural – achieves its end. The last part of the essay briefly explores Leibniz’ analogy between the understanding of anamorphic representations and the understanding of the «imperfections» of the world created by God.

 

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Carlo Saccone

 

L’anima nell’islam: dalla psicologia antico-iranica a quella del sufismo di Najm al- din Kubra (XII sec.)

Nella prima parte l’Autore analizza il concetto di anima e le sue diverse specie attraverso i testi della tradizione zoroastriana. Quindi si passa ad esaminare il tema nelle fonti islamiche (Corano e hadith). Nell’ultima parte, si giunge alla raffinata psicologia elaborata negli ambienti del sufismo, in particolare di quello centro-asiatico di Najm al-din Kubra, in cui si rileva la persistente forte impronta dell’eredità antico-iranica.

 

In the first part the author analyses the concept of soul and its different species, especially through the texts of the Zoroastrian tradition. Then he examines the theme of the Islamic sources (Qur’an and hadit). The last part deals with the refined psychology elaborated in the environment of Sufism, especially of central Asian Sufism of Najm al-din Kubra: it is possible to notice the strong influence of the old Iranian heritage.

 

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