Anno LVI – n. 2 Maggio-Agosto 2009
Ricerche
G. Trentin
«Dio in Maria». Variazioni su un tema di W. Klein ►
D. Polovineo
«Sulla fine del sacrificio» in W. Burkert e E. Gans nell’epoca del post-narrativo ►
A. Paris
Dio, la ragione, il male in Lev Šestov ►
Problemi e discussioni
G. Fadini
F. Turoldo
Sul concetto di onnipotenza divina nella riflessione di Hans Jonas►
Nota
G. Trettel
La croce di Costantino e la croce di Cromazio (dai Sermoni)
P. Giovannucci
Gregorio Barbarigo alla corte di Innocenzo XI
Recensioni, schede e segnalazioni bibliografiche
Libri ricevuti
«Dio in Maria». Impulsi teologici e antropologici nel pensiero di W. Klein.
L’autore riprende l’analisi del pensiero di W. Klein di cui K. Rahner ha detto, probabilmente per schermirsi, «è forse il teologo cattolico più significativo del Novecento». Ma più che analizzare i suoi manoscritti come in un precedente saggio pubblicato su questa stessa rivista [Studia Patavina 50 (2003) 311-356], l’autore porta ora a conoscenza in forma discorsiva tutta una serie di appunti presi durante i numerosi colloqui avuti con il pensatore tedesco durante la sua permanenza in Germania. Prendendo lo spunto da una formula teologica, «Dio in Maria», che secondo l’autore sembra essere la chiave interpretativa del pensiero di W. Klein, vengono rivisitati molti problemi teologici e antropologici di grande attualità che ruotano attorno ai temi del volto di Dio, dell’identità di Gesú, della fede cristiana. Di particolare interesse sembra essere la reinterpretazione del «cristianesimo anonimo» di K. Rahner a partire dalla convinzione che sia più corretto parlare di «credenti anonimi» piuttosto che di «cristiani anonimi». Molto stimolante è anche la valutazione critica conclusiva che lancia il pensiero di W. Klein oltre la teologia e la stessa filosofia, introducendo come nuova chiave di lettura la concezione di una mistica comune e quotidiana sulla scia dei grandi maestri renani di cui W. Klein ha respirato l’aria, essendo nato lui stesso da quelle parti e più precisamente in Renania Palatinato.
(God in Mary. Theological and anthropological impulse in W. Klein’s thought). The author continues the analysis of W. Klein’s thought. K. Rahner – probably because he wanted to parry – said that W. Klein «is maybe the most important catholic theologian of the 20th century». Rather than analysing his manuscripts as in a previous essay published in this review [Studia Patavina 50 (2003) 311-356], the author reports in a conversational way some notes taken when he met W. Klein during his stay in Germany. Starting from a theological formula «God in Mary», that seems to be the interpretative key of his thought, he analyses many actual theological and anthropological problems about God’s face, Jesus’s identity, Christian faith. The reinterpretation of K. Rahner’s anonymous christianity seems to be particularly interesting, as he thinks that the definition «anonymous believers» is more correct than «anonymous Christianity». His critical conclusion is also very stimulating as it projects W. Klein’s thought beyond theology and philosophy, introducing the conception of a very ordinary and daily mysticism as a new way of interpreting, following the great Rhenish masters that W. Klein knew well, as he was also born in Rhineland-Palatinate.
«Sulla fine del sacrificio» il «sapere sacrificale» di W. Burkert e E. Gans nell’epoca del post-narrativo.
Il punto di partenza dell’articolo è che la performance sacrificale è, in fase di studio, un luogo antropologico in cui giocano le dinamiche della figuralità e della forma narrativa. Per questo l’articolo è costruito mettendo in dialogo la comprensione del movimento post-narrativo sul sacrificio (cf. La prospettiva di sintesi di A. Danto) e l’indagine antropologica di W. Burkert ed Eric Gans. Appunto da questa comparazione nasce la consapevolezza di porre, a livello di una prospettiva antropologica, una frattura tra il contenuto sacrificale e la forma sacrificale. Se infatti gli indicatori cruenti veicolati dal lessema «sacrificio» sono associabili a ciò che A. Danto definisce «Art of Disturbation», la forma pre-verbale radicata nella matrice sociobiologica (W. Burkert) e la forma estetica del sacrificio (E. Gans) garantirebbero una nuova prospettiva di indagine a livello antropologico.
The idea that I want to start from is that the performance of sacrifice is inseparable from representation and narrative-form. The article presents two more distinct ideas. First, the post-narrative structure of sacrifice and secondly the linearity of a single point in sacrifical perspective of the Burkert’s interpretation and in original Gans-theory. The essence of sacrifice, a succession of still images in sequence implies, for an anthropological perspective, linearity and the progression of a sociobiological-narrative (W. Burkert) and aesthetic narrative-form (E. Gans). For a post-narrative perspective (cf. Danto), the perceptions of the sequential images of individual frame of sacrifice transform it imperceptibly into an «Art of Disturbation».
Dio, la ragione il male in Lev Šestov.
Il pensiero di Lev Šestov interroga il senso del male, e si esplica come contestazione agonale del Logos totalitario occidentale in nome della valorizzazione della singolarità irripetibile dell’esistenza umana. In questa lotta si esibisce lo scandalo delle consuete risposte teodiceali che il Logos ha prodotto, nella sua storia millenaria e di cui Hegel e Husserl sono i campioni più rappresentativi. Il suo pensiero, lungi dal divenire una mistica acquiescente al Logos e alle sue ipostati metafisiche, è lotta che diventa preghiera al Dio ebraico – cristiano per una ricreazione dell’esistenza a misura umana. Il presente articolo, dopo aver individuato gli enjeux di questo pensiero e presentato brevemente l’itinerario biografico dell’autore, cerca di articolare il percorso speculativo, rilevandone l’appartenenza alla tradizione ebraica e delineando i tratti di una proposta assai originale, ma anche provocatoria, da rimeditare per l’oggi.
(God, reason and evil in Lev Šestov). Lev Šestov examines the meaning of evil and his thought is a very strong objection to the Western totalitarian Logos in the name of the value and the unrepeatable uniqueness of human existence. In this struggle there is the scandal of the usual theodicean answers given by the Logos in its millenarian history and by its most important representatives, Hegel and Husserl. Šestov’s thought is not mysticism acquiescing in Logos and in its hypostatic metaphysics, it is a struggle and a prayer to the Jewish – Christian God for re-creation of existence on a human scale.
This article deals with the aims of this thought and the author’s biography and it explains his speculations, pointing out his belonging to the Jewish tradition and his original but also provoking proposal, on which we should meditate even today
Don Milani teologo-politico.
L’intento del testo è quello svelare il nucleo più profondamente teologico della riflessione pedagogica di Don Milani. L’opzione educativa infatti nel Priore di Barbiana nasce per una precisa esigenza sacerdotale ed ha chiari risvolti teologici. Risvolti che la legano alla teologia-politica. In quest’ottica infatti l’articolo tende a ricostruire il profilo milaniano di educatore come costruttore di soggettività autonome e responsabili e a constatare il peso teologicamente rivelatorio che quest’opera porta con sé.
(Father Milani, a theologian and a politician): the aim of this text is to show the most deeply theological core of Father Milani’s pedagogical reflection. The educational choice of the Prior of Barbiana met sacerdotal requirements and it has theological consequences. These consequences are connected to political theology. In fact, this article deals with Father Milani as an educator, forming autonomous and responsible subjects. It also deals with the theological and revealing importance of Milani’s work.
Sul concetto di onnipotenza divina nella riflessione di Hans Jonas.
L’articolo prende in esame il significato che la Shoah riveste nella vita e nel pensiero del filosofo ebreo tedesco Hans Jonas. Simbolo per eccellenza della Shoah è Auschwitz, luogo che richiama la terribile tragedia a cui venne sottoposto il popolo ebraico e nel quale si è consumata anche una tremenda sciagura familiare, che ha per sempre segnato la vita di Hans Jonas. Auschwitz, inoltre, rappresenta per Jonas uno spartiacque nel campo del pensiero filosofico e teologico, perché Dio, dopo Auschwitz, non può più essere pensato al modo in cui lo ha sempre pensato la tradizione ebraica e, di conseguenza, anche quella cristiana. Di fronte a tali atti inauditi Dio, secondo Jonas, avrebbe dovuto intervenire e, se non lo ha fatto, è perché non ha potuto. Dio, in altri termini, non può essere, secondo Jonas, insieme buono, intelligibile ed onnipotente.
(On the concept of divine omnipotence in Hans Jonas’s thought). This article deals with the meaning of Shoah in the life and thought of the Jewish-German philosopher Hans Jonas. Auschwitz is the very symbol of Shoah; it is the place that recalls the terrible tragedy Jewish people had to suffer. At the same time it is the place where his own family had to suffer a terrible tragedy that always influenced Hans Jonas’s life. Furthermore, according to Jonas, Auschwitz is a line of separation in the philosophical and theological thought, because after Auschwitz God cannot be considered in the way Jewish and consequently also Christian tradition considered Him. God should have intervened in these unprecedented events and He did not do it because He could not. In short, according to Jonas God cannot be good, intelligible and omnipotent at the same time.