ANNO LIX – N. 3 SETTEMBRE-DICEMBRE 2012
Editoriale
G. Mazzocato
Il dialogo interreligioso: le istanze della fede cristiana e le sfide della prassi pastorale
Focus
V. Sottana
V. Bortolin
E. Riparelli
G. Zatti
G. Manzato
E. Pace
Ricerche
G. Bonaccorso
A. Bertazzo
Temi e discussioni
P. Tomatis
G. Trabucco
L. Parisoli
Notiziario
P. Zampieri
Vita della Facoltà
Recensioni e segnalazioni
Libri ricevuti
La cristologia alla prova del pluralismo religioso. Questioni teorico-sistematiche nel dibattito recente
Il presente contributo si propone di raccogliere il guadagno essenziale del dibattito recente circa le implicazioni cristologiche di una teologia cristiana delle religioni, a partire dalla celebre svolta pluralistica. È in gioco infatti, da un lato, la necessità di chiarire la pertinenza teologica dell’istanza pluralistica per rapporto all’esperienza religiosa universale; dall’altro, la pretesa cristologica di unicità e universalità salvifica attestata dalla fede della chiesa in Gesú Cristo Figlio di Dio incarnato. Dopo una ripresa dei termini essenziali del dibattito, si procede a illustrare le questioni teorico-sistematiche implicate, per delineare infine i tratti essenziali di un’ermeneutica cristologica del pluralismo religioso, secondo quanto maturato recentemente nel panorama teologico italiano.
Christology facing religious pluralism
This contribution collects the achieved improvements du e to recent debates where Christological implications are related to a Christian theology of religions. The starting point comes from the well known pluralistic turn. On one hand we need to explain the theological relevance of pluralistic expectations resulting from a universal religious experience. On the other hand, there is the Christological claim to uniqueness and redeeming universality witnessed by the Church faith in Jesus Christ, God’s incarnated son. After examining the debate terms, theoretical-systematic questions focus on the Christological hermeneutics of religious pluralism also in accordance with what has recently emerged in Italian theoretical culture.
Quale universalismo per le religioni monoteistiche?
Le grandi religioni monoteistiche sono anche, per loro natura, religioni universalistiche. Oggi tuttavia, da piú parti, si contesta il loro «universalismo monistico», tendenzialmente violento, nel nome di un «universalismo pluralistico», capace di coniugare la tensione all’universalità con il rispetto delle differenze. L’articolo si propone di mettere in luce la possibilità di un ripensamento dell’universalismo monoteistico, che, nel recupero della sua natura originaria, mostri la sua capacità di essere all’altezza dei tempi. La trascendenza di Dio, testimoniata dai monoteismi nella loro dialettica tra esclusivismo e inclusivismo, se, da una parte, suscita l’incondizionatezza dell’amore, dall’altra, permette di intendere l’universale come universalizzabile e universalizzante.
Which universalism for monotheistic religions?
The main monotheistic religions are essentially universalistic but their monistic universalism often leading to violence is often disputed in the name of a pluralistic universalism which tries to match this universality tendency with the respect of differences. This article highlights how monotheistic universalism must be reconsidered because in its going back to its original nature it shows how it is able to keep up with times. On one’s side God’s transcendence witnessed by monotheisms in their exclusivism-inclusivism dialectics awakes unconditioned love. On the other side it allows to intend universalism as universable and universing.
Percorsi di dialogo interreligioso: R. Panikkar, E. Lévinas, P. Ricoeur
Nel presente studio si intendono esplorare tre diversi orientamenti del dialogo interreligioso proposti da insigni pensatori dei nostri tempi: R. Panikkar, E. Lévinas e P. Ricoeur. Data l’estrema varietà delle situazioni dialogiche che si configurano negli incontri tra uomini di fedi diverse, la teoria e la pratica del dialogo interreligioso sono chiamate a porsi in ascolto del contesto specifico, a promuovere un dialogo «riconoscente» con l’altro e ad attivare un ampio spettro di risposte in sintonia con la pluralità dei segni dei tempi. Nel nostro studio accoglieremo con viva attenzione il contributo dei tre autori all’incontro delle tradizioni culturali e religiose dell’umanità, pur non esimendoci dal rilevare alcuni elementi delle loro proposte che appaiono meno convincenti.
Ways of inter-religious dialogue: R. Panikkar, E. Lévinas, P. Ricoeur
In this study we intend to explore three different trends of religious dialogues as they are proposed by some famous thinkers of our time: R. Panikkar, E. Lévinas and P. Ricoeur. Several and various situations have appeared at the meetings among people of different faiths; for this reason theory and practice of inter-religious dialogue are called to: listen to specific contexts; promote a «recognizing» dialogue with the other; activate a wide range of answers attuned to the pluralistic signs of times. In our study we focus on the contributions of these three authors at the meeting on mankind’s cultural and religious traditions. However we cannot help remarking how a few elements of their proposals are less convincing.
Identità di fede e te stimonianza cristiana nel quadro pluralistico delle religioni. Semplici appunti di viaggio
Il contesto interreligioso attuale chiede di pensare seriamente la fede, di recepire con attenzione la fede degli altri e di intravedere con ostinazione le strade di una reale ospitalità. Nel contributo, questi immancabili punti di riferimento per la teologia e per la pastorale vengono costruiti attorno ad alcune suggestioni bibliche: Gerusalemme, Babilonia e l’Egitto sono spazi che evocano situazioni di conflitto, di timore reciproco, di mai sopiti contrasti, ma sono altrettanti «luoghi» che attendono di essere inseriti in una «geografia» comune dello Spirito. Il riferimento finale alla Roma imperiale aggiunge un’ulteriore località alla mappa futura della comunità ecclesiale, impegnata a chiarire il senso e le modalità del suo modo di porsi dentro le situazioni interreligiose odierne.
Faith identity and Christian witness in the pluralistic picture of religions. Simple journey notes
The present inter-religious context confirms that faith must be reconsidered. Attention must be drawn on the other’s faith. Finally the ways of a real hospitality must be persistently looked for. In this contribution, several references to theology and pastoral are built up around some biblical suggestions: Jerusalem, Babylon and Egypt evoke conflicts, mutual fears, never appeased clashes. At the same time these places expect to be inserted in a common «geography» of Spirit. The final reference to imperial Rome adds another site to the map of future ecclesial community which will be called to explain meaning and methods necessary to face current inter-religious situations.
Una geografia umana in mutamento
Il pluralismo culturale è, soprattutto, figlio dei fenomeni migratori: migrare è un verbo e un fenomeno che da sempre accompagna i popoli per trovare lavoro, sicurezza, vita. L’articolo propone una lettura delle cause che danno origine all’immigrazione e presenta alcuni modelli di integrazione delle minoranze etnoculturali adottati nei principali paesi europei, storicamente interessati da consistenti e consolidati flussi migratori in ingresso: Francia, Olanda, Germania, Gran Bretagna; con uno sguardo, infine, all’Italia.
A human geography in progress
First of all, cultural pluralism is the fruit of migrations; to migrate is both a verb and a phenomenon accompanying peoples looking for safety, work and life. This article considers the causes of migration and presents some models of ethnic-cultural minority-integrations as they are adopted in the most important European countries which are historically involved in significant and well-rooted in-coming migrations: France, Netherlands, Germany, Great Britain. Finally we consider the Italian situation.
Il dialogo interreligioso in un tempo di conflitti
Per le grandi religioni storiche di respiro mondiale la globalizzazione pone molte sfide. Una delle piú importanti riguarda proprio il dialogo interreligioso. Esso diventa paradossalmente piú necessario proprio quando sembra diventare sempre piú difficile. Nello spostamento di grandi masse di popolazione da aree meno favorite a quelle relativamente piú ricche del mondo, anche quelle società che potevano vantare una relativa omogeneità religiosa si trovano a doversi confrontare con la presenza di donne e uomini che professano altre fedi. Persone di fedi un tempo percepite come lontane, diventano i vicini della porta accanto. Qui sta la radice dei conflitti di valore che si moltiplicano in molte società contemporanee, fra persone che cominciano a guardarsi con diffidenza e ostilità, classificandosi reciprocamente come entità astratte, in antitesi, eredi di conflitti della memoria di lunga durata.
Le religioni nella società globalizzata possono correre il rischio di esaltare eccessivamente la loro funzione d’essere depositarie delle memorie collettive di popoli interi. Le religioni diventano, in tal caso, l’ultima certezza dell’identità in un tempo in cui il senso di sradicamento e lo sradicamento reale delle persone aumentano. Ci si aggrappa alla corda di Dio non solo e non tanto perché si desidera mantenersi saldi nella fede, quanto piuttosto perché, in molti casi, la fede appare come l’ultima risorsa di senso che resta agli individui, che non riescono piú a rintracciare, nel mondo in cui vivono, le caratteristiche sociali e culturali dell’ambiente in cui sono nati e vissuti. Non cadere nella trappola della riduzione della religione a semplice ma potente ed efficace marcatore delle identità collettive è un compito alto che le grandi religioni storiche sono chiamate a evitare, scri vendo una nuova pagina del dialogo.
Inter-religious dialogue in a conflict period
Globalization poses several challenges to the great historical world-wide religions. Inter-religious dialogue is a highly important goal and the more it is difficult to be achieved, the more it is necessary. When large human masses pass from poor areas to richer ones, religiously homogeneous communities get in contact with people of other faiths. Distant faiths are now professed by our neighbours. This is the root of value conflicts which multiply in modern societies among people looking at each other with fear and hostility, while they mutually classify themselves as abstract entities, heirs of remote conflicts.
In globalized societies, religions risk to enhance their being the depositaries of collective memories for whole peoples. They become the last certainty of old identities while the feeling of eradication and real uprooting in creases all the time. People do not turn to God because of their faith but because their faith is the last resource for individuals who cannot find their natal milieu and must live far away from their culture and society.
Il «pratico» in teologia secondo la prospettiva antropologica
L’articolo individua nell’azione il tema centrale del pratico in teologia e lo declina in riferimento al corpo e al linguaggio. Il primato accordato al corpo consente di riconoscere nell’azione una modalità originaria della coscienza, con la c onseguenza che la fede è un’espressione della coscienza a condizione di profilarsi come azione. Il pratico in teologia significa quindi che la teologia non risponde al proprio compito di riflettere sulla fede se non parte dall’azione che genera la fede. L’azione, però, è tale se esprime qualcosa, ossia se si coniuga col linguaggio, verbale e non verbale. Da ciò emerge che il pratico in teologia si traduce nell’esame delle espressioni verbali e non verbali della fede. L’azione, in quanto corpo e linguaggio, rende ragione della modalità piú autentica della fede e implica una teologia che tenga costantemente presente tale modalità.
Practical theology according to an anthropological view
This article considers action as the main theme of practical in theology. It conjugates this action with reference to body and language. The importance given to the body leads to consider action as an original modality of conscience. Consequently faith is an expression of conscience whenever it actuates itself as an action. In theology practical means that theology does not fulfi l its task of reflecting on faith if it does not start with a faith-generating action. But action is such when it expresses something; that is when it is conjugated with a verbal and non-verbal language. Henceforth in theology practical consists in examining verbal and non-verbal expressions of faith. Being action body and language, it justifies the most authentic modality of faith and implies a theology always considering this modality.
Spirituale in quanto umano? Alcuni tratti del complesso rapporto tra esperienza spirituale e neuroscienze
La religione appare uno dei temi sempre piú al cent ro dell’attenzione culturale e scientifica di questi ultimi anni. L’interesse appare sempre piú acceso in seguito non solo agli eventi, talvolta disastrosi, del fondamentalismo religioso, ma soprattutto per le scoperte scientifiche proposte dalle neuroscienze e dall’insieme di orientamenti paralleli che sostengono la ricerca che ha per oggetto principale il cervello. Le nuove scoperte a questo riguardo orientano a una interpretazione della religione e del vissuto di fede dell’uomo, indipendentemente dalla religione di appartenenza. La tensione al trascendente appartiene alla mente e, come tale, sembra essere frutto di meccanismi neurali. La provocazione delle neuroscienze, secondo una visione piú complessa e non riduzionistica, permette di riconoscere l’esperienza religiosa e spirituale come profondamente umana. Tuttavia, il principio teologico e storico dell’Incarnazione nel cristianesimo permette di affermare che la nozione di corporeità entra necessariamente nell’esperienza spirituale.
The spiritual as Human? Some aspects of the complex relationship between spiritual experience and neuroscience
Religion is one of the subjects increasingly in the center of culture and science in recent years. The interest is increasingly not only on events, sometimes disastrous surrounding religious fundamentalism, but also for the scientific discoveries of neuroscience and proposals from the set of parallel orientations that support research that has as its principal aim the brain. In this regard, the new findings orient to an interpretation of religion and the lived faith of man, regardless of his religion. Tension forward the transcendent belongs to the mind and, as such, appears to be the result of neural mechanisms. The challenge of neuroscience, according to a more complex and non-reductionist vision, can recognize religious and spiritual experience as deepl y human. However, the theological and historical principle of Incarnation in Christianity affirms that corporeity enters necessarily in spiritual experience.
Accende lumen sensibus. Per un’estetica dei sensi spirituali
La piena reintegrazione della sensibilità nell’esperienza e nella sapienza della fede, dopo secoli di rimozione e sospetto, passa attraverso un serio approfondimento della via estetica in teologia, in filosofia e in quelle esperienze antropologiche particolarmente significative dal punto di vista simbolico (quali l&rsquo ;arte, il gioco, il rito…), che mostrano l’originario intreccio del senso con i sensi. Attraverso il ricorso alle categorie di implicazione ed eccedenza, lo studio ripercorre la dialettica sensibile della Rivelazione e della fede, per evidenziare i dinamismi e le principali figure di una spiritualità del sensibile.
Accende lumen sensibus. For an aesthetics of spiritual senses
After centuries of removal and suspicion, the full reintegration of sensitivity in experience and in faith wisdom passes through a serious study of the aesthetic pathway in theology, in philosophy and in those particularly significant aesthetic experiences which have a symbolic value (art, games, rite…). They show the original mingling of senses and sensitivity. Going back to categories of implication and excess, this study re-examine the sensitive dialectics of Revelation and faith to highlight dynamisms and main figures of a spirituality of sensitivity.
Corpo e atto. Quale fenomenologia per una teologia della coscienza pratica
Si riprende in questa sede un dibattito avviato nella rivista Teologia, perché esso porta sulla questione dell’atto, centrale anche nell’interesse al tema del pratico, che caratterizza la ricerca della Facoltà teologica del Triveneto. Si considerano specificamente tre questioni o tre aspetti della stessa questione, che nella loro reciproca implicazione devono essere mantenuti distinti: la problematica dell’atto e delle sue condizioni; la restituzione del rapporto etico/metaetico, cio&egrav e; la giustificazione della qualità teologale di ogni atto vero; e l’interrogazione circa l’attitudine della fenomenologia a garantire la correlazione e l’autonomia della filosofia e della teologia e perciò la decisività dell’atto per l’evidenza della coscienza.
Body and act. What phenomenology for a theology of practical conscience
A debate which has been started in «Teologia» is resumed here, because it leads to the question of act, central even to the interest in the theme of practical, which characterizes the research of Facoltà teologica of Triveneto. Three questions or three aspects of the only question are specifically considered, which in their reciprocal implication must be kept distinct: the problems of act and its conditions; the restitution of ethics/metaethics relationship, that is the justification of the theologal quality of any true act; and the interrogation about the aptitude of phenomenology for ensuring the correlation and the autonomy of philosophy and theology and therefore the decisiveness of act as to the evidence of conscience&# 46;
Velamento e svelamento: racconti fondatori e fantasmi di conoscenza
I racconti sull’origine delle cose contengono dei moniti vigorosi e radicali contro l’accondiscendenza verso le pulsioni di conoscenza assoluta, verso l’idea che tutto possa essere svelato. Dopo avere proposto una lettura non-antireligiosa della psicoanalisi lacaniana e bioniana, si utilizzano strumenti psicoanalitici per comprendere la portata del messaggio profondo veicolato da racconti come quello del peccato originale, nella tradizione cristiana, e di Lilith, nella tradizione ebraica. Il quadro antropologico che ne eme rge, sorretto anche da analisi di un filosofo della scienza come Feyerabend e dalla lettura simbolica di un prodotto della cultura diffusa contemporanea come l’anime Neon Genesis Evangelion, ribadisce l’attualità di tali racconti fondatori e la loro forza nella costituzione dell’umano.
Veiling and unveiling: founding tales and knowledge ghosts
The tales of the origin of things offer vigorous and radical admonitions against a consent toward surrendering to an absolute knowledge and to the idea that everything can be unveiled. After proposing a non anti-religious reading of lacanian and bionian psychology, we use psychoanalytic instruments to understand the relevance of the deep message carried on by tales such as the Original Sin tale in the Christian tradition, and by Lilith’s one in the Hebraic tradition. The emerging anthropological picture is supported by the analysis of the science philosopher Feyerabend and by the symbolic reading of wide-spread contemporary cultural products like anime Neon Genesis Evangelion. Thus this picture can reaffirm the topical value of this founding tales and their strength in the constitution of human.